martedì 30 aprile 2013

30 APRILE 2013: 13° ANNIVERSARIO DELLA CANONIZZAZIONE DI SANTA FAUSTINA KOWALSKA

30 APRILE 2013: 13° ANNIVERSARIO DELLA CANONIZZAZIONE DI SANTA FAUSTINA KOWALSKA da parte di Giovanni Paolo II, prima santa del grande Giubileo del 2000.LA VITA DI SANTA FAUSTINA KOWALSKA

Suor Maria Faustina
nacque il 25 agosto 1905,
terza di dieci figli,
da Marianna e Stanislao Kowalski,
contadini del villaggio di Głogowiec.

Al battesimo
nella chiesa parrocchiale di Świnice Warckie
le fu dato il nome di Elena.
Fin dall'infanzia si distinse
per l'amore alla preghiera,
per la laboriosità,
per l'obbedienza
e per una grande sensibilità
alla povertà umana.

All'età di nove anni
ricevette la Prima Comunione;
fu per lei un'esperienza profonda
perché ebbe subito la consapevolezza
della presenza dell'Ospite Divino
nella sua anima.

Frequentò la scuola
per appena tre anni scarsi.

Ancora adolescente
abbandonò la casa dei genitori
e andò a servizio
presso alcune famiglie benestanti
di Aleksandrów, Łódź e Ostrówek,
per mantenersi e per aiutare i genitori.

Fin dal settimo anno di vita
sentiva nella sua anima la vocazione religiosa,
ma non avendo il consenso dei genitori
per entrare in convento,
cercava di sopprimerla.

Sollecitata poi da una visione
di Cristo sofferente,
partì per Varsavia dove il 1° agosto del 1925
entrò nel convento
delle Suore della Beata Vergine Maria
della Misericordia.

Col nome di Suor Maria Faustina
trascorse in convento tredici anni
nelle diverse case della Congregazione,
soprattutto a Cracovia, Vilno e Płock,
lavorando come cuoca, giardiniera e portinaia.

All'esterno nessun segno faceva sospettare
la sua vita mistica straordinariamente ricca.
Svolgeva con diligenza tutti i lavori,
osservava fedelmente le regole religiose,
era concentrata, silenziosa
e nello stesso tempo piena di amore
benevolo e disinteressato.

La sua vita apparentemente ordinaria,
monotona e grigia
nascondeva in sé una profonda
e straordinaria unione con Dio.

Alla base della sua spiritualità
si trova il mistero della Misericordia Divina
che essa meditava nella parola di Dio
e contemplava nella quotidianità della sua vita.
La conoscenza e la contemplazione
del mistero della Misericordia di Dio
sviluppavano in lei
un atteggiamento di fiducia filiale
in Dio e di misericordia verso il prossimo.

Scriveva: "O mio Gesù, ognuno dei Tuoi santi
rispecchia in sé una delle Tue virtù;
io desidero rispecchiare
il Tuo Cuore compassionevole
e pieno di misericordia,
voglio glorificarlo.
La Tua misericordia, o Gesù,
sia impressa sul mio cuore
e sulla mia anima come un sigillo
e ciò sarà il mio segno distintivo
in questa e nell'altra vita"
(Q. IV, 7).

Suor Maria Faustina fu una figlia fedele della Chiesa,
che essa amava come Madre
e come Corpo Mistico di Cristo.
Consapevole del suo ruolo nella Chiesa,
collaborava con la Misericordia Divina
nell'opera della salvezza delle anime perdute.
Rispondendo al desiderio e all'esempio di Gesù
offriva la sua vita in sacrificio.

La sua vita spirituale si caratterizzava inoltre
per l'amore all'Eucarestia
e per una profonda devozione
alla Madre di Dio della Misericordia.

Gli anni della sua vita religiosa abbondarono
di grazie straordinarie:
le rivelazioni, le visioni, le stigmate nascoste,
la partecipazione alla passione del Signore,
il dono dell'ubiquità,
il dono di leggere nelle anime umane,
il dono della profezia
e il raro dono del fidanzamento e dello sposalizio mistico.
Il contatto vivo con Dio, con la Madonna,
con gli angeli, con i santi,
con le anime del purgatorio,
con tutto il mondo soprannaturale
fu per lei non meno reale e concreto
di quello che sperimentava con i sensi.

Malgrado il dono di tante grazie straordinarie
era consapevole
che non sono esse a costituire l'essenza della santità.
Scriveva nel «Diario»:
"Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi,
né alcun altro dono ad essa elargitola rendono perfetta,
ma l'unione intima della mia anima con Dio.
I doni sono soltanto un ornamento dell'anima,
ma non ne costituiscono
la sostanza né la perfezione.
La mia santità e perfezione
consiste in una stretta unione
della mia volontà con la volontà di Dio" (Q. III, 28).

Il Signore scelse Suor Maria Faustina
come segretaria e apostola della sua misericordia
per trasmettere, mediante lei,
un grande messaggio al mondo.
"Nell'Antico Testamento mandai al Mio popolo
i profeti con i fulmini.
Oggi mando te a tutta l'umanità con la Mia misericordia.
Non voglio punire l'umanità sofferente,
ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso"
(Q.V,155).

domenica 21 aprile 2013

L’aborto, un crimine che non può essere mai giustificato – di Giovanni Paolo II




Fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile. Il Concilio Vaticano II lo definisce, insieme all’infanticidio, «delitto abominevole».
Ma oggi, nella coscienza di molti, la percezione della sua gravità è andata progressivamente oscurandosi. L’accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita. Di fronte a una così grave situazione, occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia alla verità e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a compromessi di comodo o alla tentazione di autoinganno. A tale proposito risuona categorico il rimprovero del Profeta: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre» (Is 5, 20). Proprio nel caso dell’aborto si registra la diffusione di una terminologia ambigua, come quella di «interruzione della gravidanza», che tende a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell’opinione pubblica. Forse questo fenomeno linguistico è esso stesso sintomo di un disagio delle coscienze. Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita.
La gravità morale dell’aborto procurato appare in tutta la sua verità se si riconosce che si tratta di un omicidio e, in particolare, se si considerano le circostanze specifiche che lo qualificano. Chi viene soppresso è un essere umano che si affaccia alla vita, ossia quanto di più innocente in assoluto si possa immaginare: mai potrebbe essere considerato un aggressore, meno che mai un ingiusto aggressore! È debole, inerme, al punto di essere privo anche di quella minima forma di difesa che è costituita dalla forza implorante dei gemiti e del pianto del neonato. È totalmente affidato alla protezione e alle cure di colei che lo porta in grembo. Eppure, talvolta, è proprio lei, la mamma, a deciderne e a chiederne la soppressione e persino a procurarla.
È vero che molte volte la scelta abortiva riveste per la madre carattere drammatico e doloroso, in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento non viene presa per ragioni puramente egoistiche e di comodo, ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni, quali la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri membri della famiglia. Talvolta si temono per il nascituro condizioni di esistenza tali da far pensare che per lui sarebbe meglio non nascere. Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente.

A decidere della morte del bambino non ancora nato, accanto alla madre, ci sono spesso altre persone. Anzitutto, può essere colpevole il padre del bambino, non solo quando espressamente spinge la donna all’aborto, ma anche quando indirettamente favorisce tale sua decisione perché la lascia sola di fronte ai problemi della gravidanza: in tal modo la famiglia viene mortalmente ferita e profanata nella sua natura di comunità di amore e nella sua vocazione ad essere «santuario della vita». Né vanno taciute le sollecitazioni che a volte provengono dal più ampio contesto familiare e dagli amici. Non di rado la donna è sottoposta a pressioni talmente forti da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all’aborto: non v’è dubbio che in questo caso la responsabilità morale grava particolarmente su quelli che direttamente o indirettamente l’hanno forzata ad abortire. Responsabili sono pure i medici e il personale sanitario, quando mettono a servizio della morte la competenza acquisita per promuovere la vita.
Ma la responsabilità coinvolge anche i legislatori, che hanno promosso e approvato leggi abortive e, nella misura in cui la cosa dipende da loro, gli amministratori delle strutture sanitarie utilizzate per praticare gli aborti. Una responsabilità generale non meno grave riguarda sia quanti hanno favorito il diffondersi di una mentalità di permissivismo sessuale e disistima della maternità, sia coloro che avrebbero dovuto assicurare — e non l’hanno fatto — valide politiche familiari e sociali a sostegno delle famiglie, specialmente di quelle numerose o con particolari difficoltà economiche ed educative. Non si può infine sottovalutare la rete di complicità che si allarga fino a comprendere istituzioni internazionali, fondazioni e associazioni che si battono sistematicamente per la legalizzazione e la diffusione dell’aborto nel mondo. In tal senso l’aborto va oltre la responsabilità delle singole persone e il danno loro arrecato, assumendo una dimensione fortemente sociale: è una ferita gravissima inferta alla società e alla sua cultura da quanti dovrebbero esserne i costruttori e i difensori. Come ho scritto nella mia Lettera alle Famiglie, «ci troviamo di fronte ad un’enorme minaccia contro la vita, non solo di singoli individui, ma anche dell’intera civiltà». Ci troviamo di fronte a quella che può definirsi una «struttura di peccato» contro la vita umana non ancora nata.

Alcuni tentano di giustificare l’aborto sostenendo che il frutto del concepimento, almeno fin a un certo numero di giorni, non può essere ancora considerato una vita umana personale. In realtà, «dal momento in cui l’ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora. A questa evidenza di sempre… la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trovi fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona, questa persona individua con le sue note caratteristiche già ben determinate. Fin dalla fecondazione è iniziata l’avventura di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacità richiede tempo, per impostarsi e per trovarsi pronta ad agire». Anche se la presenza di un’anima spirituale non può essere rilevata dall’osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sull’embrione umano a fornire «un’indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana?».
Del resto, tale è la posta in gioco che, sotto il profilo dell’obbligo morale, basterebbe la sola probabilità di trovarsi di fronte a una persona per giustificare la più netta proibizione di ogni intervento volto a sopprimere l’embrione umano. Proprio per questo, al di là dei dibattiti scientifici e delle stesse affermazioni filosofiche nelle quali il Magistero non si è espressamente impegnato, la Chiesa ha sempre insegnato, e tuttora insegna, che al frutto della generazione umana, dal primo momento della sua esistenza, va garantito il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all’essere umano nella sua totalità e unità corporale e spirituale: «L’essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita».

I testi della Sacra Scrittura, che non parlano mai di aborto volontario e quindi non presentano condanne dirette e specifiche in proposito, mostrano una tale considerazione dell’essere umano nel grembo materno, da esigere come logica conseguenza che anche ad esso si estenda il comandamento di Dio: «non uccidere».
La vita umana è sacra e inviolabile in ogni momento della sua esistenza, anche in quello iniziale che precede la nascita. L’uomo, fin dal grembo materno, appartiene a Dio che tutto scruta e conosce, che lo forma e lo plasma con le sue mani, che lo vede mentre è ancora un piccolo embrione informe e che in lui intravede l’adulto di domani i cui giorni sono contati e la cui vocazione è già scritta nel «libro della vita» (cf. Sal 139/138, 1.13-16). Anche lì, quando è ancora nel grembo materno, — come testimoniano numerosi testi biblici 60 — l’uomo è il termine personalissimo dell’amorosa e paterna provvidenza di Dio.
La Tradizione cristiana — come ben rileva la Dichiarazione emanata al riguardo dalla Congregazione per la Dottrina della Fede 61 — è chiara e unanime, dalle origini fino ai nostri giorni, nel qualificare l’aborto come disordine morale particolarmente grave. Fin dal suo primo confronto con il mondo greco-romano, nel quale erano ampiamente praticati l’aborto e l’infanticidio, la comunità cristiana si è radicalmente opposta, con la sua dottrina e con la sua prassi, ai costumi diffusi in quella società, come dimostra la già citata Didachè.62 Tra gli scrittori ecclesiastici di area greca, Atenagora ricorda che i cristiani considerano come omicide le donne che fanno ricorso a medicine abortive, perché i bambini, anche se ancora nel seno della madre, «sono già l’oggetto delle cure della Provvidenza divina».63 Tra i latini, Tertulliano afferma: «È un omicidio anticipato impedire di nascere; poco importa che si sopprima l’anima già nata o che la si faccia scomparire nel nascere. È già un uomo colui che lo sarà».
Lungo la sua storia ormai bimillenaria, questa medesima dottrina è stata costantemente insegnata dai Padri della Chiesa, dai suoi Pastori e Dottori. Anche le discussioni di carattere scientifico e filosofico circa il momento preciso dell’infusione dell’anima spirituale non hanno mai comportato alcuna esitazione circa la condanna morale dell’aborto.

Il più recente Magistero pontificio ha ribadito con grande vigore questa dottrina comune. In particolare Pio XI nell’Enciclica Casti connubii ha respinto le pretestuose giustificazioni dell’aborto; 65 Pio XII ha escluso ogni aborto diretto, cioè ogni atto che tende direttamente a distruggere la vita umana non ancora nata, «sia che tale distruzione venga intesa come fine o soltanto come mezzo al fine»; Giovanni XXIII ha riaffermato che la vita umana è sacra, perché «fin dal suo affiorare impegna direttamente l’azione creatrice di Dio». Il Concilio Vaticano II, come già ricordato, ha condannato con grande severità l’aborto: «La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l’aborto come l’infanticidio sono abominevoli delitti».
La disciplina canonica della Chiesa, fin dai primi secoli, ha colpito con sanzioni penali coloro che si macchiavano della colpa dell’aborto e tale prassi, con pene più o meno gravi, è stata confermata nei vari periodi storici. Il Codice di Diritto Canonico del 1917 comminava per l’aborto la pena della scomunica. Anche la rinnovata legislazione canonica si pone in questa linea quando sancisce che «chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae», cioè automatica. La scomunica colpisce tutti coloro che commettono questo delitto conoscendo la pena, inclusi anche quei complici senza la cui opera esso non sarebbe stato realizzato: con tale reiterata sanzione, la Chiesa addita questo delitto come uno dei più gravi e pericolosi, spingendo così chi lo commette a ritrovare sollecitamente la strada della conversione. Nella Chiesa, infatti, la pena della scomunica è finalizzata a rendere pienamente consapevoli della gravità di un certo peccato e a favorire quindi un’adeguata conversione e penitenza.
Di fronte a una simile unanimità nella tradizione dottrinale e disciplinare della Chiesa, Paolo VI ha potuto dichiarare che tale insegnamento non è mutato ed è immutabile. Pertanto, con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi — che a varie riprese hanno condannato l’aborto e che nella consultazione precedentemente citata, pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina — dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale.
Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla Legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa.

La valutazione morale dell’aborto è da applicare anche alle recenti forme di intervento sugli embrioni umani che, pur mirando a scopi in sé legittimi, ne comportano inevitabilmente l’uccisione. È il caso della sperimentazione sugli embrioni, in crescente espansione nel campo della ricerca biomedica e legalmente ammessa in alcuni Stati. Se «si devono ritenere leciti gli interventi sull’embrione umano a patto che rispettino la vita e l’integrità dell’embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale»,si deve invece affermare che l’uso degli embrioni o dei feti umani come oggetto di sperimentazione costituisce un delitto nei riguardi della loro dignità di esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona.
La stessa condanna morale riguarda anche il procedimento che sfrutta gli embrioni e i feti umani ancora vivi — talvolta «prodotti» appositamente per questo scopo mediante la fecondazione in vitro — sia come «materiale biologico» da utilizzare sia come fornitori di organi o di tessuti da trapiantare per la cura di alcune malattie. In realtà, l’uccisione di creature umane innocenti, seppure a vantaggio di altre, costituisce un atto assolutamente inaccettabile.
Una speciale attenzione deve essere riservata alla valutazione morale delle tecniche diagnostiche prenatali, che permettono di individuare precocemente eventuali anomalie del nascituro. Infatti, per la complessità di queste tecniche, tale valutazione deve farsi più accurata e articolata. Quando sono esenti da rischi sproporzionati per il bambino e per la madre e sono ordinate a rendere possibile una terapia precoce o anche a favorire una serena e consapevole accettazione del nascituro, queste tecniche sono moralmente lecite. Dal momento però che le possibilità di cura prima della nascita sono oggi ancora ridotte, accade non poche volte che queste tecniche siano messe al servizio di una mentalità eugenetica, che accetta l’aborto selettivo, per impedire la nascita di bambini affetti da vari tipi di anomalie. Una simile mentalità è ignominiosa e quanto mai riprovevole, perché pretende di misurare il valore di una vita umana soltanto secondo parametri di «normali- tà» e di benessere fisico, aprendo così la strada alla legittimazione anche dell’infanticidio e dell’eutanasia.
In realtà, però, proprio il coraggio e la serenità con cui tanti nostri fratelli, affetti da gravi menomazioni, conducono la loro esistenza quando sono da noi accettati ed amati, costituiscono una testimonianza particolarmente efficace dei valori autentici che qualificano la vita e che la rendono, anche in condizioni di difficoltà, preziosa per sé e per gli altri. La Chiesa è vicina a quei coniugi che, con grande ansia e sofferenza, accettano di accogliere i loro bambini gravemente colpiti da handicap, così come è grata a tutte quelle famiglie che, con l’adozione, accolgono quanti sono stati abbandonati dai loro genitori a motivo di menomazioni o malattie.

(Giovanni Paolo II – Evangelium Vitae)

mercoledì 17 aprile 2013

LA NOVENA DELLO SPIRITO SANTO Sant’Alfonso Maria de Liguori


LA NOVENA DELLO SPIRITO SANTO
Sant’Alfonso Maria de Liguori 
NOVENA DELLO SPIRITO SANTO CON LE MEDITAZIONI PER CIASCUN GIORNO DELLA NOVENA COMINCIANDO DALL’ASCENSIONE
La novena dello Spirito Santo è fra tutte la principale, perché è stata celebrata dai santi apo­stoli e da Maria SS. nel cenacolo, ed arricchita di tanti eccellenti prodigi e doni, e principal­mente del dono dello stesso Spirito Santo, il qua­le è un dono meritatoci da Gesù Cristo con la sua Passione. Così Gesù medesimo ci fece sape­re, quando disse ai discepoli che se egli non mo­riva non avrebbe potuto mandarci lo Spirito Santo (cfr. Gv 17,7). Ben sappiamo poi per fede che lo Spirito Santo è l’amore che si portano scambievolmente il Padre col Verbo Eterno, e perciò il dono dell’amore che dal Signore si di­spensa alle anime nostre, e che è il più grande di tutti i doni, si attribuisce specialmente allo Spirito Santo, come parla s. Paolo: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5). Pertanto conviene che in questa novena sopra tutto consideriamo i grandi pregi dell’amore di­vino, affinché c’invogliamo di ottenerlo, ed at­tendiamo con esercizi devoti, e specialmente con le preghiere, ad esserne partecipi, poiché Dio
l’ha promesso a chi umilmente lo chiede: Il Pa­dre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiederanno (Gv 11,13). (Una meditazione al giorno)
 
Primo giorno:
MEDITAZIONE 1

L’amore è fuoco che infiamma

Ordinò Iddio nell’antica Legge che al suo al­tare continuamente ardesse il fuoco. Dice S. Gre­gorio che gli altari di Dio sono i nostri cuori, dove egli vuole che sempre arda il fuoco del suo divino amore. E perciò l’Eterno Padre non con­tento di averci donato Gesù Cristo, suo figlio, affinché ci salvasse con la sua morte, volle do­narci ancora lo Spirito Santo, affinché abitasse nelle anime nostre e le tenesse continuamente ac­cese di carità. E Gesù medesimo si protestò che appunto per infiammare i nostri cuori di questo santo fuoco egli era ventuo in terra, e che altro non desiderava che di vederlo acceso (cfr. Lc 12,49). Pertanto egli, scordate le ingiurie e le ingratitudini ricevute in questa terra dagli uo­mini, salito in cielo, c’inviò lo Spirito Santo.
O Redentore amatissimo, dunque così nelle tue pene ed ignominie, come nelle tue glorie, tu sempre ci ami?
Quindi lo Spirito Santo volle apparire nel ce­nacolo in forma di lingue di fuoco (cfr. Atti 2,3).
E perciò la S. Chiesa ci fa pregare: Ti preghia­mo, Signore, di infiammarci di quello Spirito che il Signore Gesù mandò sulla terra e volle che si accendesse fortemente. Questo poi è stato quel santo fuoco che ha acceso i santi a far grandi co­se per Dio, ad amare i nemici, a desiderare i di­sprezzi, a spogliarsi di tutti i beni terreni e ad abbracciare con allegrezza anche i tormenti e la morte. L’amore non sa stare ozioso e non dice mai basta. Un’anima che ama Dio, quanto più fa per l’amato più desidera di fare, affm di dargli gusto e di più tirarsi il suo affetto. Questo santo fuoco si accende nell’orazione mentale (cfr. Sal 38,4). Se dunque desideriamo di ardere d’amore verso Dio, amiamo l’orazione; questa è la beata fornace dove si accende il divino ardore.

Affetti e preghiere

Mio Dio, sinora non ho fatto niente per te che hai fatto tante grandiose cose per me. Ohimè che la mia freddezza troppo ti incita a rifiutar­mi! Deh! Spirito Santo, scalda ciò che è gelido. Liberami da questa mia freddezza, ed accendi in me un gran desiderio di darti gusto,. lo ora ri­nunzio ad ogni mia soddisfazione, e preferisco prima morire che darti un minimo dispiacere.
Tu comparisti in forma di lingue di fuoco, io ti consacro la mia lingua, affinché ella più non ti offenda. Oh Dio, tu me l’hai data per lodarti, ed io me ne son servito per oltraggiarti e tirare an­che gli altri ad offenderti! Me ne dispiace con tutta l’anima mia. Deh per l’amore di Gesù Cri­sto che in sua vita tanto ti onorò con la sua lin­gua, fà che anche io da oggi innanzi ti onori sempre con recitar le tue lodi, con invocarti spes­so in aiuto, e con parlare della tua bontà e del­l’amore infinito che tu meriti.
Ti amo, mio sommo bene; ti amo, o Dio d’amore.
O Maria, tu sei la sposa più cara dello Spirito Santo: impetrami tu questo santo fuoco.
 
Secondo giorno:
MEDITAZIONE II
L’amore è luce che illumina
Uno dei maggiori danni che a noi recò il pec­cato di Adamo fu il renderci ottenebrata la ra­gione per mezzo delle passioni che offuscano la mente. Povera quell’anima che si fa dominare da qualche passione. La passione è un vapore, è un velo che non ci fa vedere più la verità. Co­me può fuggire il male chi non conosce ciò che è male? Tanto più cresce poi questa oscurità, quanto più crescono i nostri peccati. Ma lo Spi­rito Santo, che si chiama luce beatissima, è co­lui che con i suoi divini splendori non solo in-
fiamma i cuori ad amare, ma di più dilegua le tenebre e fa a noi conoscere la vanità dei beni terreni, il valore dei beni eterni, l’importanza della salvezza, il pregio della grazia, la bontà di Dio, l’amore infinito ch’egli si merita e l’amore immenso che ci porta.
L’uomo naturale non comprende le cose dello Spirito (1 Cor. 2,14). L’uomo infangato nei pia­ceri della terra poco conosce queste verità, e per­ciò l’infelice ama quel che dovrebbe odiare e odia quel che dovrebbe amare. S. Maria Madda­lena de’ Pazzi esclamava: O amore non cono­sciuto, o amore non amato! E perciò diceva S. Te­resa che Iddio non è amato perché non è cono­sciuto. Quindi i santi cercavano sempre a Dio luce: Manda la tua verità e la tua luce (Sal. 42,3); O mio Dio rischiara le mie tenebre (cfr Sal 17,29); Aprimi gli occhi (Sal. 118,18). Sì, perché senza luce non possono evitarsi i precipi­zi, né può trovarsi Dio.

Affetti e preghiere

O santo e divino Spirito, io credo che tu sei vero Dio, ma un solo Dio col Padre e col Figlio. Ti adoro e ti riconosco come il datore di tutti i lumi, con cui mi hai fatto conoscere il male che ho commesso in offenderti e l’obbligo che ho di amarti: te ne ringrazio e mi pento sommamente di averti offeso. lo meritavo che mi abbandona­sti nelle mie tenebre, ma vedo che non mi hai abbandonato ancora. Continua, o Spirito eterno, ad illuminarmi ed a farmi sempre più conoscere la tua infinita bontà, e dammi la forza di amarti per l’avvenire con tutto il mio cuore. Aggiungi grazie a grazie, acciocché io resti dolcemente vinto e costretto a non amare altro che te. Te ne prego per i meriti di Gesù Cristo.
Ti amo, sommo mio bene, ti amo più di me stesso. lo voglio essere tutto tuo, accettami tu e non permettere che da te io più mi parta.
O Maria madre mia, assistimi sempre con la tua intercessione.
 

Terzo giorno:

MEDITAZIONE III

L’amore è acqua che sazia
L’amore si chiama anche fonte viva. Disse il nostro Redentore alla Samaritana: Chi beve del­l’acqua che io gli darò non avrà mai più sete (Gv 4,13). L’amore è acqua che sazia; chi ama Dio di vero cuore non cerca né desidera niente più perché in Dio trova ogni bene. Per cui, con­tento di Dio, lieto va sempre dicendo: Dio mio, tu sei ogni mio bene. Perciò Dio si lagna di tante anime che vanno mendicando miseri e brevi di­letti dalle creature e lasciano quello che è un bene infinito e fonte di ogni gaudio: Essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate, che non tengono l’ac­qua (Ger 2,13). Per tanto Dio che ci ama e de­sidera di vederci contenti, grida e fa sapere a tutti: Chi ha sete venga a me e beva (Gv 7,37). Chi desidera di essere beato venga a me, che io gli donerò lo Spirito Santo che lo renderà beato in questa e nell’altra vita: Chi crede in me. con­tinua a dire, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno (Gv 7,38). Chi dunque crede ed ama Gesù Cristo sarà arricchito di tanta grazia, che dal suo cuore – il cuore, cioè la volontà, è il ventre dell’anima – sgorgheranno più fonta­ne di sante virtù, che non solo gioveranno a con­servar la vita sua, ma anche a dar la vita agli al­tri. Ed appunto quest’acqua era lo Spirito Santo, l’amore sostanziale che Gesù Cristo promise di mandarci dal cielo dopo la sua ascensione (cfr. Gv 7,39).
La chiave che apre i canali di quest’acqua beata è la santa preghiera che ci ottiene ogni bene in virtù della promessa che otterrete (Gv 16,24). Noi siamo ciechi, poveri e deboli, ma la preghiera ci ottiene luce, fortezza e ricchezze di grazia. Dicea Teodoreto che chi prega riceve quanto desidera. Iddio vuol darci le sue grazie, ma vuol essere pregato.

Affetti e preghiere

Signore, dammi di quest’acqua (Gv 4,15). Ge­sù mio, vi pregherò, colla Samaritana, datemi quest’acqua del vostro amore, che mi faccia scordare della terra per vivere solo a voi, ama­bile infinito.
Bagna ciò che è arido. L’anima mia è la terra arida che non produce altro che sterpi e spine di peccati; deh innaffiatela voi con la vostra gra­zia, affinché renda qualche frutto di gloria a voi prima di uscire da questo mondo con la morte.
O fonte d’acqua viva, o sommo bene, quante volte io ti ho lasciato per le pozzanghere di que­sta terra che mi hanno privato del tuo amore! Oh fossi morto e non ti avessi offeso! Ma per l’avvenire io non voglio cercare altro che te, mio Dio. Soccorrimi tu e fa’ che io ti sia fedele.
Maria, speranza mia, tienimi sempre sotto il tuo manto.
 
Quarto giorno:
MEDITAZIONE IV
L’amore è rugiada che feconda
L’amore feconda i buoni desideri, i santi propo­siti e le opere sante delle anime: questi sono i fiori e i frutti che produce la grazia dello Spirito Santo.
L’amore si chiama anche rugiada perché tem­pera gli ardori degli appetiti malvagi e delle ten­tazioni. Perciò chiamasi anche lo Spirito Santo temperamento e dolce refrigerio nel calore. Que­sta rugiada scende nei nostri cuori nel tempo del­l’orazione. Basta un quarto d’ora di orazione per sedare ogni passione di odio o di amor disordi­nato, per ardente che sia. Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore (Ct 2,4). La santa meditazione appunto è que­sta cella ove si ordina l’amore, amando il pros­simo come noi stessi e Dio sopra ogni cosa. Chi ama Dio ama l’orazione, e chi non ama l’orazio­ne è moralmente impossibile che superi le sue passioni.

Affetti e preghiere

O santo e divino Spirito, io non voglio vivere più per me stesso; i giorni che mi restano di vita voglio spenderli tutti in amarti e compiacerti. Perciò ti prego di darmi il dono dell’orazione. Vieni tu nel mio cuore, ed insegnami a farla co­me si deve. Dammi fortezza di non tralasciarla per tedio in tempo di aridità; e dammi lo spirito di preghiera cioè la grazia di sempre pregarti e di farti quelle preghiere che sono più care al tuo divino Cuore.
Io ero perduto già per i peccati miei, ma vedo che tu, con tante finezze che mi hai usate, mi vuoi salvo e santo; ed io voglio farmi santo per darti gusto e per più amare la tua infinita bontà. Ti amo, mio sommo bene, mio amore, mio tut­to, e perché ti amo tutto a te mi dono.
O Maria speranza mia, proteggimi tu.
 
Quinto giorno:
MEDITAZIONE V
L’amore è riposo che ricrea
Chiamasi in oltre l’amore nella fatica, riposo; nel pianto, conforto. L’amore è riposo che ri­crea; poiché l’ufficio principale dell’amore è di unire la volontà dell’amante con quella dell’ama­to. Ad un’anima che ama Dio, in ogni affronto che riceve, in ogni dolore che patisce, in ogni perdita che le capita, basta a rasserenarla il sa­pere che è volontà dell’amato che ella patisca quel travaglio. Con dir solamente: Così vuole il mio Dio, in tutte le tribolazioni trova pace e con­tento. Questa è quella pace che supera tutti i pia­ceri del senso. S. Maria Maddalena de Pazzi in dir solamente Volontà di Dio, si sentiva riempi­re di gaudio.
In questa vita ognuno ha da portar la sua cro­ce; ma dice S. Teresa che la croce è dura a chi la strascina, non già a chi l’abbraccia. Così ben
sa il Signore ferire e sanare, come disse Giobbe (cfr. Gb 5,18). Lo Spirito Santo, con la sua dol­ce unzione, rende dolci ed amabili anche le igno­minie ed i tormenti. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te (Mt 11,26). Così dobbiamo dire in tutte le cose avverse che ci accadono: Così sia fatto, Signore, perché così è piaciuto a voi. E quando ci atterisce qualche timore di mal tem­porale che può avvenirci, diciamo sempre: Fate voi, mio Dio; quanto farete, tutto da ora l’accet­to. E quindi giova come facea S. Teresa, offrirsi spesso durante il giorno a Dio.

Affetti e preghiere

Mio Dio, quante volte per far la mia volontà mi sono opposto alla volontà tua disprezzando­la! Mi dolgo di questo male più d’ogni altro ma­le. Signore, io da oggi innanzi voglio amarti con tutto il mio cuore: Parla, o Signore, perché il tuo servo ti ascolta (1 Sam 3,10). Ditemi quel che volete da me, che io tutto voglio farlo. La vostra volontà sarà sempre l’unico mio deside­rio, l’unico amore.
Aiuta tu, o Spirito Santo, la mia debolezza. Tu sei la stessa bontà, come io posso amare altra cosa che te? Deh, tira a te tutti gli affetti miei con la dolcezza del tuo santo amore. Io lascio tutto per darmi tutto a te. Accettami e soccor­rimi.
O Madre mia Maria, in te confido.  
 
Sesto giorno:
MEDITAZIONE VI
L’amore è la virtù che dà forza
Forte come la morte è l’amore (Ct 8,6). Sic­come non vi è forza creata che resista alla mor­te, così non v’è difficoltà per un’anima amante, che non ceda all’amore. Quando si tratta di pia­cere all’amato, l’amore supera tutto, perdite, di­sprezzi e dolori. Niente è così dif icile da non esser vinto dal fuoco, come dice sant’Agostino. Questo è il contrassegno più certo per conoscere se un’anima veramente ama Dio: se è fedele nel suo amore così nelle cose prospere come nell’av­verse.
Diceva S. Francesco di Sales che « Dio tanto è amabile quando ci consola come quando ci fla­gella, perché tutto fa per amore ». Anzi quando più ci flagella in questa vita, allora più ci ama. S. Gio. Grisostomo stimava più felice S. Paolo incatenato, che S. Paolo rapito al terzo cielo. Perciò i santi martiri, stando nei tormenti, giu­bilavano e ne ringraziavano il Signore, come della grazia più grande che a loro faceva dando loro di patire per suo amore. E gli altri santi, ove sono mancati i tiranni ad affliggerli, essi sono divenuti carnefici di loro stessi con le penitenze, per dar gusto a Dio. Dice S. Agostino che chi ama non fatica, e se fatica la stessa fatica è amata.

Affetti e preghiere

O Dio dell’anima mia, io dico che ti amo; ma poi che faccio per amor tuo? Niente. Dunque è segno che non ti amo o ti amo troppo poco. Mandami dunque, o Gesù mio, lo Spirito Santo, che venga a darmi forza di patire per tuo amo­re, e di far qualche cosa per te prima che mi giunga la morte. Deh non farmi morire, amato mio Redentore, così freddo ed ingrato come ti sono stato finora. Dammi vigore ad amare il pa­tire, dopo tanti peccati che mi hanno meritato l’inferno.
O mio Dio tutto bontà e tutto amore, tu desi­deri di abitare nell’anima mia da cui tante volte ti ho discacciato; vieni, abita, possiedila e rendi­tela tutta tua.
lo ti amo, o Signor mio, e se ti amo tu già stai con me, come assicura S. Giovanni: Chi sta nel­l’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1 Gv 4,16). Poiché dunque tu stai con me, accresci le fiamme, accresci le catene, acciocché io non bra­mi, non cerchi, non ami altri che te, e così legato non abbia mai a separarmi dal tuo amore. lo voglio essere tuo, o Gesù mio, e tutto tuo.
O regina ed avvocata mia Maria, ottienimi amore e perseveranza. 
 
Settimo giorno:
MEDITAZIONE VII
L’amore fa che Dio abiti nell’anima
Lo Spirito Santo si chiama dolce ospite dell’a­nima. Questa fu la grande promessa fatta da Ge­sù Cristo a chi l’ama quando disse: Se voi mi amate, io pregherò il Padre, ed egli vi manderà lo Spirito Santo, acciocché abiti sempre con voi (cfr. Gv 14,15-16).
Poiché lo Spirito Santo non abbandona mai un’anima, se non è da quella discacciato (Conc. di Trento 1.6, cap. 11).
Abita dunque Dio in un’anima che l’ama, ma si dichiara che non è contento se noi non l’amia­mo con tutto il cuore. Scrive S. Agostino che il senato romano non volle ammettere Gesù Cristo nel numero degli dei, dicendo ch’egli è un Dio superbo che vuol essere solo ad essere adorato. E così è: egli non vuole compagni in quel cuore che ama, vuol essere solo ad abitarvi, solo ad essere amato. E quando non si vede solo ad es­sere amato, invidia, per così dire, come scrive S. Giacomo, quelle creature che tengono parte di quel cuore ch’egli vorrebbe tutto per sé: Fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi (Gc 4,5). Perciò egli loda quell’a­nima che, come la tortorella, vive solitaria e na­scosta dal mondo (cfr. Ct 1,9) perché non vuole che il mondo si prenda parte di quell’amore ch’egli desidera tutto per sé. Perciò ancora loda la sua sposa chiamandola Orto chiuso ad ogni amore di terra (cfr. Ct 4,12).
Forse Gesù non si merita tutto il nostro amo­re? Dice il Grisostomo che Gesù ti ha dato tutto il suo sangue e la vita, non gli resta più che darti.

Affetti e preghiere

Mio Dio, vedo che mi vuoi tutto per te. lo tante volte ti ho scacciato dall’anima mia, e tu non hai sdegnato di ritornare ad unirti con me. Deh, prendi ora possesso di tutto me stesso. Og­gi a te tutto mi dono; accettami, Gesù mio, e non permettere che io abbia da vivere per l’av­venire neppure per un momento senza il tuo amore. Tu cerchi me, ed io non cerco altro che te. Tu vuoi l’anima mia, e l’anima mia non vuol altro che te. Tu mi ami, ed io ti amo; e giacché mi ami, legami con te, affinché da te io più non mi allontani.
O Regina del cielo, in te confido. 
 
Ottavo giorno:
MEDITAZIONE VIII
L’amore è laccio che stringe
Siccome lo Spirito Santo, che è l’amore in­creato, è laccio indissolubile che stringe il Padre col Verbo eterno, così unisce anche l’anima con Dio, secondo quanto dice sant’Agostino. S. Lo­renzo Giustiniani esclamava: « Dunque, o amo­re, il tuo laccio ha tanta forza, che ha potuto legare un Dio ed unirlo alle anime nostre! ». I legami del mondo sono legami di morte, ma i le­gami di Dio sono legami di vita e di salute (cfr. Sir 6, 31). Sì, perché i legami di Dio, per mezzo dell’amore, ci uniscono con Dio che è la vera ed unica nostra vita.
Prima della venuta di Gesù Cristo fuggivano gli uomini da Dio ed, attaccati alla terra, ricusa­vano di unirsi col loro Creatore; ma l’amante Signore con legami d’amore li ha tirati a sé, co­me promise per mezzo del profeta Osea: Io li traevo con legami di bontà, con vincoli di amo­re (Os 11,4). Questi vincoli sono i suoi benefici, i lumi, le chiamate al suo amore, le promesse del paradiso, ma soprattutto è stato il dono che ci ha fatto di Gesù Cristo nel sacrificio della croce e nel Sacramento dell’altare, e per ultimo nell’averci dato lo Spirito Santo. Per tanto escla­ma il Profeta: Sciogliti dal collo i legami, schia­va figlia di Sion (Is 52,2) : 0 anima, tu che sei
creata per il cielo, sciogliti dai legami della ter­ra, e stringiti a Dio col laccio del santo amore. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione (Col 3,14). L’amore è un vincolo che unisce seco tutte le virtù, e ren­de l’anima perfetta. Diceva S. Agostino: « Ama Dio, e fa quel che vuoi ». Sì, perché chi ama Dio procura di sfuggire ogni disgusto dell’amato, e cerca in tutte le cose di piacere all’amato.

Affetti e preghiere

Caro mio Gesù, troppo tu mi hai obbligato ad amarti, troppo ti è costato il procurarti l’amor mio; troppo ingrato io sarei, se ti amassi poco o dividessi il mio cuore fra le creature e te, dopo che tu mi hai dato il sangue e la vita. lo voglio staccarmi da tutto, e solo in te voglio mettere tutti gli affetti miei. Ma io sono debole ad ese­guire questo mio desiderio; tu che me lo dai, dammi la forza di eseguirlo.
Ferisci, amato mio Gesù, il mio povero cuore col dardo del tuo amore, acciocché io sempre lan­guisca per desiderio di te, e mi liquefaccia per amor tuo. Che io cerchi, brami e trovi sempre e solo te.
Gesù mio, te solo voglio e niente più. Fà che io lo replichi sempre in vita e specialmente nel punto di mia morte: Te solo voglio e niente più.
O Maria madre mia, fà che da oggi avanti io non voglia altro che Dio. 
 
Nono giorno:
MEDITAZIONE IX
L’amore è tesoro d’ogni bene
L’amore è questo tesoro di cui il Vangelo dice che si deve lasciar tutto per acquistarlo. Sì, per­ché l’amore ci fa partecipi dell’amicizia di Dio.
« Uomo, dunque, dice S. Agostino, che vai cercando beni? Cerca un solo bene in cui sono tutti i beni ».
Ma questo Dio non possiamo trovarlo se non lasciamo le cose della terra. Scrive S. Teresa: « Distacca il cuore dalle creature, e troverai Dio ». Chi trova Dio trova quanto desidera: Cer­ca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore (Sal 36,4). Il cuore umano va sempre cer­cando beni che possano renderlo felice; ma se egli li cerca dalle creature, per quanto ne riceve da quelle, non resta mai contento; ma se non vuole altro che Dio, Dio contenterà tutti i suoi desideri.
Chi sono i più felici in questa terra, se non i santi? E perché? Perché essi vogliono e cercano solo Dio. Un certo principe, andando a caccia, vide un solitario che andava scorrendo per la selva; gli domandò che andava facendo per quel deserto? Quegli rispose: « E tu, principe, che vai cercando? ». Il principe: « Vado a caccia di belve »; e l’eremita: « Ed io vado a caccia di Dio ».
A S. Clemente il tiranno presentò oro e gem­me, affinché rinnegasse Gesù Cristo. Il santo so­spirando esclamò: « Oimè, un Dio si mette a confronto di un po’ di fango! ».
Beato chi sa conoscere questo tesoro del di­vino amore e cerca di ottenerlo! Chi l’ottiene, da se stesso si spoglierà di tutto, per non aver altro che Dio. « Quando la casa va a fuoco, dice S. Francesco di Sales, si buttano tutte le robe dal­la finestra ». E il padre Segneri Iuniore, gran servo di Dio, solea dire che l’amore è un ladro che ci spoglia di tutti gli affetti terreni, fino a concludere: « E che altro vogl’io se non solo voi, mio Signore? ».

Affetti e preghiere

Mio Dio, io per il passato non ho cercato te, ma me stesso e le mie soddisfazioni e per queste ho voltato le spalle a te, sommo bene. Ma mi consola quel che dice Geremia: Buono è il Si­gnore … con l’anima che lo cerca (Lam 3,25).
Mi dice che voi siete tutto bontà verso chi vi cerca.
Amato mio Signore, conosco il male che ho fatto in lasciarti e me ne dolgo con tutto il cuo­re. Conosco il tesoro infinito che tu sei; non vo­glio abusare di questa luce; io lascio tutto, e ti eleggo per unico mio amore. Mio Dio, mio amo­re, mio tutto, io ti amo, ti bramo, ti sospiro.
Deh, Spirito Santo, vieni e col tuo santo fuo­co distruggi in me ogni affetto che non è per te. Fà ch’io sia tutto tuo, e vinca tutto per darti gusto.
O avvocata e Madre mia Maria aiutami tu con le tue preghiere.
 
Decimo giorno:
MEDITAZIONE X
Mezzi per amare Dio e farsi santo
Chi più ama Dio si fa più santo. Diceva S. Francesco Borgia che l’orazione introduce nel cuore umano l’amore divino; la mortificazione poi è quella che toglie dal cuore la terra e lo rende capace di ricevere quel santo fuoco. Quan­to più di terra vi è nel cuore, tanto meno di luo­go vi trova il santo amore. (lob. XXVIII, 12, 13). Perciò i santi hanno cercato di mortificare quanto più poteano l’amor proprio ed i loro sen­si. 1 santi son pochi; ma bisogna vivere con i pochi se vogliamo salvarci con i pochi, come scrive S. Giovanni Climaco. E S. Bernardo dice che chi vuol fare vita perfetta bisogna che faccia vita singolare.
Prima di tutto però per farsi santi è neces­sario aver desiderio di farsi santi: desiderio e risoluzione. Alcuni sempre desiderano ma non mai cominciano a metter mano all’opera. « Di queste anime irresolute, dicea S. Teresa, non ha paura il demonio ». All’incontro diceva la santa che « Dio è amico delle anime generose ». Il de­monio cerca di farci apparir superbia il pensare di fare grandi cose per Dio. Sarebbe superbia se noi pretendessimo farle confidando nelle no­stre forze; ma non è superbia il risolverci di farci santi fidandoci di Dio e dicendo: Tutto posso in Colui che mi dà la forza (Fil 4,13).
Bisogna dunque farsi animo, risolversi e co­minciare. La preghiera può tutto. Quel che non possiamo noi con le nostre forze, ben lo potre­mo con l’aiuto di Dio, il quale ha promesso di darci quanto noi gli cerchiamo (cfr. Gv 15,7).

Affetti e preghiere

Caro mio Redentore, tu desideri il mio amore e mi comandi di amarti con tutto il cuore. Sì, Gesù mio, con tutto il cuore io voglio amarti.
No, mio Dio, ti dirò confidando nella tua mi­sericordia, non mi spaventano i miei peccati commessi, perché ora li odio e detesto sopra ogni male; e so che tu ti scordi delle offese di un’ani­ma che si pente e ti ama. Anzi perché io più de­gli altri ti ho offeso, più degli altri ti voglio ama­re, coll’aiuto che da te spero.
Mio Signore, tu mi vuoi santo, ed io voglio farmi santo per darti gusto. Ti amo, bontà infi­nita. A te tutto mi dono. Tu sei l’unico mio be­ne, l’unico mio amore. Accettami, amor mio, e rendimi tutto tuo e non permettere che io ti dia più disgusto. Fà ch’io tutto mi consumi per te, come tu ti sei tutto consumato per me.
O Maria, o sposa la più amante dello Spirito Santo e la più amata, impetrami amore e fe­deltà. 
La Novena dello Spirito Santo fu pubblicata nella IIa  Parte della Via della salute per la pri­ma volta a Napoli nel 1766. Si tratta di dieci meditazioni, stilate secondo il metodo composi­tivo abituale al santo: meditazione propriamente detta, rapida e tutta succo, con Affetti e preghie­re. La prima si rivolge alla mente, i secondi sol­lecitano cuore e volontà coinvolgendo nell’ope­razione la persona in tutto il suo spessore antro­pologico.
I titoli stessi delle meditazioni rivelano la fon­te di ispirazione: cioè i due inni liturgici: « Veni, Creator » e « Veni, Sancte Spiritus ». Ne ripro­pongono le immagini vibranti e i simboli plasti­ci, offrendoci quella che oggi si è soliti chiamare la dimensione pneumatica della vita cristiana. Solo che in S. Alfonso la fonte liturgica è rivis­suta al calore della sua inconfondibile spiritualità incentrata sull’amore operativo, cioè « pratico », fatto di propositi e risoluzioni.
Come già per i misteri del Natale, della Pas­sione e dell’Eucaristia, anche qui il S. Alfonso poeta e artista viene incontro al S. Alfonso scrit­tore, a riprova che l’intervento ascetico del santo tende a penetrare la persona in ogni sua fibra.
In proposito ricordiamo la canzoncina Allo Spi­rito Santo: «Andate, o speranze, o affetti terre­ni », dove, ricalcando le dieci meditazioni, le invocazioni trascorrono attraverso le immagini più suggestive che la liturgia applica allo Spirito Santo.
Ricordiamo poi il quadro della Madonna del­lo Spirito Santo, una Madonna cioè (e citiamo lo stesso S. Alfonso) « che nel petto tiene dipinto lo Spirito Santo », còlta nel momento in cui pro­nunzia il « Fiat » all’incarnazione del Verbo. L’immagine, disegnata da S. Alfonso e dipinta, su una richiesta, dall’amico Francesco De Mu­ra (1696-1782), uno dei più celebri pittori del Settecento napoletano, risale quasi certamente al periodo giovanile del santo, insieme al Crocifisso e alla Madonna ovale. S. Alfonso, lasciando Na­poli portò con sé le tre tele dipinte da avvocato e le lasciò alla sua Congregazione con testamen­to redatto il 7 ottobre 1763 (a un anno circa dalla sua consacrazione a vescovo). Della Ma­donna dello Spirito Santo, andata smarrita, si conserva una incisione a stampa (qui ripro­dotta).
I missionari redentoristi riproponendo l’opu­scolo del loro Fondatore auspicano che i fedeli si aprano sempre maggiormente alle ispirazioni dello Spirito Santo nella loro vita.

martedì 16 aprile 2013

ROSARIO MEDITATO CON SANTA BERNARDETTA

MISTERI GAUDIOSI(Lunedì – Sabato)

Nel primo Mistero della gioia si contempla:

“L’ANNUNCIO DELL’ANGELO A MARIA”

“Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.

L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché ai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà mai fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose 1′Angelo: “Lo Spirito Santo scende­rà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”.

Santa Bernadette prega per noi Maria, affinché ci insegni a servire il Signore come Lei ha fatto e ci aiuti a comprendere che solo servendo si fa felice il Signore, ma soprattutto ci avvicina a Lui e ad ogni fratello, amato e redento dal Figlio. 

Nel secondo Mistero della gioia si contempla:

“LA VISITA DI MARIA A SANTA ELISABETTA”

” In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il salu­to di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra tutte le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me!”.

Santa Bernadette, come Maria si mise prontamente in viag­gio per andare ad aiutare Elisabetta, così tu, insieme a Lei, fa che anche noi possiamo prontamente aiutare tutti coloro che il Signore ci chiederà di aiutare, cercando di compiere sempre in tutto la Sua Volontà. 

Nel terzo Mistero della gioia si contempla:

“LA NASCITA DI GESÙ BAMBINO A BETLEMME”

” In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirino. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chia­mata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua spo­sa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo”.

Santa Bernadette, fa che ogni uomo accolga con Te, con Maria e Giuseppe nel suo cuore, ogni bambino che popola la terra, ricordandosi soprattutto dei più indifesi, emarginati sfrut­tati e bisognosi di aiuto e di amore: lo stesso amore che Gesù, nascendo in povertà, ha donato e dona a ciascuno di noi indi­stintamente. Santa Bernadette aiutaci ad avere nel cuore e a cuore sempre le necessità di tutti, ma in particolare dei predilet­ti del Signore: i piccoli, gli ultimi, gli indifesi. 

Nel quarto Mistero della gioia si contempla:

“LA PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO”


“Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: Ogni ma­schio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrifi­cio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore”.

Santa Bernadette con Maria aiutaci a presentare al Signore le necessità di ogni famiglia umana, perché tutti scoprano che la felicità la si può trovare solo unendosi a Dio e a tutti i fratel­li e le sorelle sparsi nel mondo, e che solo l’amore può vincere l’odio e il nemico, che stanno cercando in ogni modo e con ogni mezzo di distruggere il bene e la pace. 

Nel quinto Mistero della gioia si contempla:

“IL RITROVAMENTO DI GESÙ IN MEZZO AI DOTTORI DELLA LEGGE”


“Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, ango­sciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Ma essi non compresero le sue parole”.

Santa Bernardette come Gesù cresceva davanti a Dio e agli uomini in età, sapienza e grazia, fa che anche noi, accompa­gnati dalla tua preghiera, possiamo crescere imitando il Maestro in ogni virtù e in tutto ciò che Egli desidera da noi.

 

MISTERI DELLA LUCE(Giovedì)

Nel primo Mistero della Luce si contempla:

“IL BATTESIMO DI GESÙ AL GIORDANO”

In quei giorni Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu bat­tezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di Lui come una colom­ba. E si sentì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”

Santa Bernadette, prega per noi Maria, affinché ci insegni a vivere in grazia ogni giorno della nostra vita terrena e ci aiuti a fare di essa un atto d’Amore per Dio, per Lei e per ogni fratello e sorella che popola la terra. Possa il nostro esempio e la no­stra testimonianza, grazie alla Tua potente intercessione, rende­re ogni persona strumento di pace, d’amore, misericordia e per­dono nelle mani di Dio per il bene di tutti e per la Gloria dell’Altissimo. 

Nel secondo Mistero della Luce si contempla:

“LE NOZZE DI CANA”

La Madre disse ai servi: “Fate quello che vi dirà”. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui.

Santa Bernadette, come Maria a Cana interviene a favore degli sposi, così tu, insieme a Lei ora e sempre accompagna tut­ti i fidanzati a compiere un vero cammino d’amore e di santità in Cristo e modella ogni famiglia nascente sull’esempio di Gesù, Maria e Giuseppe. Con la Vergine Maria soccorri ogni coppia e famiglia e aiutala a stringersi con voi intorno al Santo Altare, per comprendere, grazie alla preghiera, che la vita ma­trimoniale è un dono indissolubile di Cristo alle persone chia­mate a questa vocazione. 

Nel terzo Mistero della Luce si contempla:

“L’ANNUNCIO DEL REGNO DI DIO CON L’INVITO ALLA CONVERSIONE”

Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e di­ceva: “ll tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; converti­tevi e credete al vangelo”

Santa Bernadette, insieme a San Giovanni Battista aiutaci a convertirci e a credere fermamente al Vangelo, per poter aiuta­re tutti alla Bellezza della Parola e vivere personalmente l’espe­rienza della grandezza di Dio, in Gesù e Maria, che sono real­mente presenti nella vita quotidiana di ciascuno. 

Nel quarto Mistero della luce si contempla:

“LA TRASFIGURAZIONE DI GESÙ SUL TABOR”

Gesù prese con se Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’a­spetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.

Santa Bernadette, tu che hai seguito Maria ogni giorno del­la tua vita nella gioia come nel dolore, pregando e lavorando per il Signore e per tutti i fratelli, fa che anche noi possiamo se­guire il tuo esempio e spendere ogni attimo della nostra esisten­za a servizio di Dio e dell’intera umanità attraverso la preghie­ra, la testimonianza e il nostro operare, laddove il Signore ci chiamerà a lavorare per l’edificazione degli uomini e di tutta la Santa Chiesa. 

Nel quinto Mistero della Luce si contempla:

“L’ISTITUZIONE DELL’EUCARESTIA”

Mentre mangiavano prese il pane e, pronunciata la preghie­ra di benedizione, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne e bevvero tutti. E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti”.

Santa Bernadette, insegnaci a ricevere sempre con il dovuto rispetto il Sacro Corpo di Gesù, che si dona a noi, ogni volta che lo desideriamo nella Santa Comunione, nell’adorazione e nel Tabernacolo. Aiutaci a comprendere che Egli desidera farci grazia e sof­fre per la nostra indifferenza, noncuranza e mancanza di rispet­to, per il nostro modo di parlare, comportarci e vestirci. Elargiscici la grazia di giungere a comprendere la Sua Vicinanza e la Sua Onnipotenza e mostraci al contempo come dobbiamo onorarlo, lodarlo, glorificarlo, ringraziarlo e servir­lo, per ricevere tutto il Bene che Lui desidera donare a noi e a tutti i fratelli.

 

MISTERI DOLOROSI(Martedì – Venerdì)

Nel primo Mistero del dolore si contempla:

“LA PREGHIERA DI GESÙ SUL MONTE DEGLI ULIVI”

Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; an­che i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: “Pregate, per non entrare in tentazione”. Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e inginocchiatosi, pregava: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. Gli apparve allora un angelo dal cielo a confor­tarlo. In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra”.

Santa Bernadette, come Gesù pregò per fare la Volontà di Dio, così anche noi ti chiediamo di accompagnare la nostra preghiera al Padre perché otteniamo da Lui la grazia di cerca­re in tutto e sempre la Volontà di Dio: segno di salvezza e sicu­ra speranza. 

Nel secondo Mistero del dolore si contempla:

“LA FLAGELLAZIONE DI GESÙ ALLA COLONNA”

“Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare”

Santa Bernadette, aiutaci a seguire l’esempio di Gesù che maltrattato si lasciava maltrattare e non rispondeva minaccian­do vendetta, ma stava in silenzio davanti ai suoi persecutori, amandoci fino alla fine senza rinnegare nulla. Santa Bernadette intercedi anche tu, perché ciascuno di noi possa, così come il Padre desidera, seguire Gesù con amore immenso, donando e offrendo tutto per la nostra ed altrui salvezza. 

Nel terzo Mistero del dolore si contempla:

“LA CORONAZIONE DI SPINE”

“I soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli ve­nivano davanti e gli dicevano: “Salve, re dei Giudei”.

Santa Bernadette, aiutaci a stare con Maria accanto a tutti i sofferenti nel corpo e nello spirito come Gesù ci chiede e chie­derà ogni giorno della vita. Donaci la grazia di pregare con voi per coloro che sono più soli, ammalati e disperati, perché ognu­no avverta la presenza consolante, tenera ed amorevole di Maria. 

Nel quarto Mistero del dolore si contempla:

“GESÙ SALE SUL CALVARIO”

“Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Calvario, detto in ebraico Golgota, dove lo crocifissero”.

Santa Bernadette, con Maria avvicinati a tutti i moribondi ed intercedi per loro, perché il Padre perdonando tutte le colpe li porti con se in Paradiso. 

Nel quinto Mistero del dolore si contempla:

“LA MORTE DI GESÙ IN CROCE”


“Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la scrittura: “Ho sete”. Vi era li un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima ad una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: “Tutto è compiuto!”. E, chinato il capo, spirò”.

Santa Bernadette, affidiamo a te e alla Vergine Maria tutte le anime del Purgatorio, specie quelle più abbandonate e quel­le consacrate. 


MISTERI GLORIOSI(Mercoledì – Domenica)

Nel primo Mistero della gloria si contempla:

“LA RISURREZIONE DI GESÙ”

“Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto”.

Santa Bernadette aiutaci con Maria a testimoniare a tutti il Signore Risorto e vivo in mezzo a noi: presente in tutti i fratelli e sorelle, ogni volta che lo invochiamo e tutte le volte che lo adoriamo o lo riceviamo nella Santa Eucarestia. 

Nel secondo Mistero della gloria si contempla:

“L’ASCENSIONE DI GESÙ AL CIELO”

“Uomini di di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.

Santa Bernadette donaci la grazia di imparare ad amare Dio e i fratelli sopra ogni cosa. 

Nel terzo Mistero della gloria si contempla:

“LA DISCESA DELLO SPIRITO SANTO SU MARIA E GLI APOSTOLI RIUNITI IN PREGHIERA NEL CENACOLO”

“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso da cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tut­ta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuo­co che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito santo e cominciarono a parlare altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi”.

Santa Bernadette aiutaci con Maria a comprendere la pre­senza reale e vivificante dello Spirito Santo presente in noi, e sempre pronto ad agire specie quando lo invochiamo. 

Nel quarto Mistero della gloria si contempla:

“L’ASSUNZIONE DI MARIA IN CIELO IN ANIMA E CORPO”

“L’Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, termi­nato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”.

Santa Bernadette come Maria ebbe rispetto per il suo corpo, fa che anche ciascuno di noi consideri sempre il corpo tempio dello Spirito Santo e si comporti usandolo e trattandolo con ri­spetto e amore: lo stesso che ha avuto Maria. 

Nel quinto Mistero della gloria si contempla:

“L’INCORONAZIONE DI MARIA REGINA DEGLI ANGELI E DEI SANTI”

“Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vesti­ta di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una coro­na di dodici stelle”

Santa Bernadette aiutaci ogni giorno a pregare i nostri an­geli custodi e tutti i Santi perché ci aiutino a vivere una vita cri­stiana autentica spesa a servizio di Dio e dei fratelli, nella pre­ghiera e con le opere che Dio stesso ci aiuterà a compiere giorno per giorno. Tu soccorrici nella nostra debolezza e fa che non ci scoraggiamo mai di fronte alla nostra fragilità e alle ine­vitabili cadute, ma prontamente rialzandoci ricominciamo a servire ed amare. 

Preghiera all’Immacolata di Lourdes


O Vergine Immacolata di Lourdes, Mamma dolcissima del Cielo, che hai scelto una grotta per parlarci di penitenza e di preghiera e che attraverso Santa Bernardetta ci hai dato un esempio vivo di semplicità, di fedeltà e di santità: io ricorro a te e metto nel tuo cuore tutto quello che mi preoccupa, mi turba, mi addolora. Prendi tutto nelle tue mani e rispondi sorridendo alla mia preghiera. Io ti prometto di mettermi in ascolto del tuo Cuore e di unirmi a te nella preghiera per la conversione dei peccatori dei quali anche io, per primo, faccio parte! Rendimi docile ai tuoi insegnamenti, modella sempre più il mio cuore perchè ti appartenga totalmente e diventi così una lode e un canto di grazie a Dio. Amen. 

Preghiera a Santa Bernardetta


Santa Bernardetta, messaggera e figlia prediletta dell’Immacolata, io mi rivolgo a te sentendoti un’amica piena di comprensione. Ti prego, prendi a cuore i miei bisogni… e ottienimi da Maria un cuore semplice e puro, generoso e fedele, amante delle cose che contano e innamorato del Cielo. Sul tuo esempio, fà che non dimentichi di pregare e di offrire sacrifici e sofferenze specialmente per la conversione dei peccatori perchè, nella mia vita, non restino vani i richiami e i desideri di Colei che tu hai guardato negli occhi e che io spero di contemplare un giorno in Paradiso. Amen.