mercoledì 6 novembre 2013

letture di mercoledì 06 novembre 2013

XXXI Settimana del Tempo Ordinario – Anno I

“Non abbandonarmi, Signore mio Dio, da me non star lontano; vieni presto in mio aiuto, Signore, mia salvezza.

PREGHIERA DEL MATTINO

Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa’ che camminiamo senza ostacoli verso i beni da te promessi. Per Cristo nostro Signore. Amen
figliol-prodigo

PRIMA LETTURA

Rm 13, 8-10
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.
C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE

Sal.111
RIT: Felice l’uomo pietoso, che dona ai poveri.povero
Beato l’uomo che teme il Signore e nei suoi precetti trova grande gioia. Potente sulla terra sarà la sua stirpe, la discendenza degli uomini retti sarà benedetta. RIT
Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti: misericordioso, pietoso e giusto. Felice l’uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia. RIT
Egli dona largamente ai poveri, la sua giustizia rimane per sempre, la sua fronte s’innalza nella gloria. RIT

CANTO AL VANGELO

Alleluia, Alleluia.
Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito di Dio riposa su di voi.
Alleluia.

VANGELO

Lc 14, 25-33
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio S. croce6discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

COMMENTO

Un dono senza riserve…È duro il linguaggio che Gesù usa per invitare i suoi e tutti noi a seguirlo in modo totale: egli esige un superamento radicale da ogni legame terreno, anche dagli affetti più spontanei. Arriva a dirci che dobbiamo avere una interiore Croce6 (1)disposizione a dare perfino la nostra vita, se questa ci viene richiesta, come testimonianza di fedeltà a lui. Per nostra fortuna abbiamo esempi luminosissimi ed innumerevoli di sante e di santi, di martiri e di eroi, che con tutta la loro vita hanno testimoniato la loro completa dedizione al Signore. Possiamo dunque dedurre alla luce della storia che la radicalità evangelica, per quanto difficile, è comunque praticabile con la forza della fede, l’intensità dell’amore a Dio e soprattutto con la sua grazia. Sono ancora tanti e tante a lasciare tutto per seguire Cristo ed affermare concretamente il suo primato. Nonostante la crisi di vocazioni religiose e sacerdotali, sono ancora migliaia e migliaia nel mondo le persone che, sulla scìa dei primi discepoli e sull’esempio di Cristo, obbediente, povero e casto, lasciano tutto, ma veramente tutto, per dare la vita a lui. Il materialismo, il consumismo, la brama dei beni terreni, distolgono ai nostri giorni dalla sequela del Signore: ci vogliono fede e coraggio non comuni per lasciare tutto ciò che il mondo può offrire, cedere volontariamente ad una povertà totale e sperare solo nei beni futuri. Il mondo ha comunque urgentissimo bisogno di esempi chiari di distacco dalle cose materiali e di una visione più spirituale della vita. È il ruolo a cui il Signore ha chiamato i monaci e tutta la schiera dei consacrati.
(Preparato dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire)

La crocePREGHIERA DELLA SERA

Altissimo Signore, il Tuo popolo è in cammino nella valle delle prove dove s’attarda,  si stanca, si ferisce. Sostienilo, Padre, con la fede incrollabile di Abramo, la fortezza di Mosè, la saggezza di Salomone. In cambio Ti affidiamo, le gioie e le fatiche, le rinunce e gli atti di carità che siamo riusciti a fare in questo giorno e Ti ringraziamo con tutto il cuore per tutto quello che fai per noi e ci dai ogni giorno. Amen

Beata Cristina di Stommeln

Mistica e beghina(1242-1312) 6 novembre
Cristina di StommelnUno dei casi più straordinari di tutta la agiografia: estasi, visioni e la stigmatizzazione, come pure le spaventose tentazioni e attacchi del demonio che si potrebbero ritenere leggendarie, se non fossero testimoniate  soprattutto  dal dotto teologo Pietro di Dacia, discepolo di S. Alberto Magno.
Il padre di Cristina era un prospero agricoltore che si preoccupò che la figlia ricevesse una certa educazione; sebbene Cristina non sapesse scrivere, riusciva tuttavia a leggere il salterio. Nel breve racconto della sua gioventù, scritta dal suo parroco, Johannes, sotto dettatura, Cristina afferma che La Vergine Maria in persona all’età di nove anni le apparve e le insegnò la sequenza allo Spirito Santo. A dieci anni, le apparve Gesù che le disse:
“Come Maria è stata predestinata nella mia saggezza per essere mia Madre, così tu lo si stata per essere la mia sposa. Ma bisogna che tu soffra molto”
A tredici anni scappò a Colonia per diventare una “beghina“, (Comunità che ebbe origine intorno al 1170 in Belgio, le aderenti fanno voto di povertà, castità e obbedienza, ma solo temporaneamente, alcune di esse lasciano la comunità per sposarsi; trascorrono il tempo in preghiera, visitando i malati e facendo lavori di cucito e ricamo) Visse la sua vita ecclesiastica nel più assoluto e totale nascondimento, indossando un ciliciodormendo sulle panche o sulle pietre e digiunando sempre a pane e acqua.
BEATA CRISTINA DI STOMMELNIl Venerdì restava ore ed ore distesa a braccia aperte, raccolta in preghiera per il suo Sposo. Una notte mentre invece di dormire era raccolta in preghiera, le apparvero come angeli splendenti, tanti demoni che suonavano le trombe, essi però travestiti di angeli, sembravano fossero venuti per renderle omaggio,  e la beata Cristina, illuminata dallo Spirito Santo, non si distrasse.
Un giorno in chiesa, cadde in un riposo che durò tre giorni. Tutte le sue consorelle credettero si trattasse di problemi fisici, infatti la portarono in ospedale. In seguito, spaventate e forse indispettite dalla sua devozione e austerità eccessiva, cominciarono a pensare che fosse isterica e Cristina fu costretta a tornare a casa.
La Beata Cristina e il demonio
A venticinque anni, incontrò un giovane domenicano, Pietro di Dacia, e diventarono subito amici; durante il loro primo incontro alla presenza di altri, Cristina fu scaraventata qua e là nella stanza, e sentì i piedi trafitti da un’entità invisibile. Nei due anni successivi, P. Pietro trascrisse accuratamente tutto ciò di cui fu testimone, dall’estasi ad altre manifestazioni francamente repellenti.
P. Pietro lasciò Colonia nel 1269, di conseguenza Cristina iniziò a corrispondere con lui attraverso il parroco, P. Johannes, che talvolta aggiungeva dei commenti personali; da queste lettere sembra che le visioni bizzarre e talvolta violente continuassero (non erano limitate a Cristina, ma colpivano anche coloro che le stavano vicini, e lei stessa le attribuiva a BEATA CRISTINA DI STOMMELN2Satana). Suo padre è stato colpito con pietre sulla testa e le braccia, il suo amico, il benedettino Brauweiler fu gravemente morso da denti invisibili, mentre un teschio, si muoveva nell’aria legandosi intorno al collo di un servo. Anche dopo la morte del parroco, otto anni dopo, allorché il ruolo di amanuensi fu svolto da un insegnante locale, suo omonimo, e da quel momento il racconto diventa drammatico.
La grande mistica ebbe estasi ed apparizioni e proprio nel 1269 ricevette le stimmate, che divenivano visibili in certi periodi dell’anno, sulle mani e sui piedi; provata per tutta la vita da molte sofferenze, sopportate guardando sempre al valore della Croce. Scrisse a Padre Pietro di Dacia che:
“[il diavolo] rode la sua [Christina] carne come un cane, e morsi su grandi pezzi, brucia i suoi vestiti dopo la sua pelle, mentre lei li indossa, e si mostra a lei in forme orribili. ”
“Tre volte,” dice P. Giovanni , “è stata trascinata dal suo letto, una volta sul tetto della sua casa e due volte ad un albero nel giardino in cui è stata lasciata legata.” P. Giovanni stesso la slegò, in presenza di sua madre e di altri.
Non esiste alcuna prova evidente dagli avvenimenti narrati nelle lettere, tuttavia due brani importanti suggeriscono che, a meno che il maestro non abbia inventato queste assurdità, cosa improbabile date le circostanze, Cristina le aveva in ogni caso riferite mentre era in stato di trance o in qualche altro stato anormale, e poi il maestro aveva colmato le lacune. Le informazioni sulla vita di Cristina terminano nel 1288, con la morte di p. Pietro, anche, se visse per altri ventiquattro anni, prima di morire nel 1312 a settant’anni; fu venerata immediatamente come santa e le reliquie furono trasferite prima a Niedeggenpoi, nel 1569, a Julich, dove si trovano tuttora.
Cristina di Stommeln1Il Certosino Padre Lorenzo Surio morto a Colonia nel 1578 nella sua  opera «De Probatis sanctorum Historiis»  pubblicata a Colonia negli anni 1570- 1575, racconta fra le altre cose riguardanti la Beata Cristina von Stemmeln:
«Quando, dopo la sua dipartita, l’anima di Cristina comparve davantiall’eterno Giudice, questi le propose di scegliere se voleva subito entrare nella Gloria eterna che essa aveva sicuramente meritato, o se invece voleva ritornare ancora una volta alla terra e colà continuare ancora per altri anni la sua vita di penitenza a conforto delle povere anime. Che cosa fece la Santa? Senza alcuna esitazione scelse la seconda proposta e subito il Signore la fece ritornare ancora in vita con grande mera- viglia di coloro, che stavano addolorati attorno al suo cadavere e già stavano pensando al suo funerale. La Beata però non solo continuò nella sua vita di penitenza di prima, ma aumentò ancora le sue già inaudite penitenze tanto da toccare quasi il limite dell’incredibile»
Qualcuno pensa che in un caso come il suo la venerazione sia fuori luogo, ma la sua santità è qualcosa di indipendente dal tipo di dono soprannaturale e dai fenomeni fisici anormali di cui fece esperienza; nel confermare il culto, la Chiesa e più precisamente San Pio X, il 22 agosto 1908, non ha parlato di questi avvenimenti, riconoscendo invece la santità evidente della sua vita.
Fonti: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butlerhttp://www.carloacutis.com/InfernoPurgatorioParadiso/Purgatorio/PURGATOIRE-web-Stommeln.html 

martedì 5 novembre 2013

Letture di martedì 05 novembre 2013

XXXI Settimana del Tempo Ordinario – Anno I

“Non abbandonarmi, Signore mio Dio, da me non star lontano; vieni presto in mio aiuto,Signore, mia salvezza.”

PREGHIERA DEL MATTINO

Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa’ che camminiamo senza ostacoli verso i beni da te promessi. Per Cristo nostro Signore. Amen

PRIMA LETTURA

Rm 12, 5-16
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la carità- s.elisabettad'ungheriasua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.
Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile.
C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE

Sal.130Cristo-con-un-bimbo-in-braccio-
RIT: Custodiscimi, Signore, nella pace.
Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me. RIT
Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia. RIT
Israele attenda il Signore, da ora e per sempre. RIT

CANTO AL VANGELO

Alleluia, Alleluia.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro, dice il Signore.
Alleluia.

VANGELO

Lc 14, 15-24
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato il banchetto del rechi prenderà cibo nel regno di Dio!».Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

COMMENTO

Quando il mondo ci distoglie dalle nozze con Cristo.
Sono ancora tantissimi i cosiddetti fedeli chi si dichiarano talmente affaccendati al punto di non avere più tempo da dedicare al Signore e ai propri doveri religiosi. C’è da credere invece che l’invito è di primaria importanza, è un invito a partecipare all’intimità con Dio, è un invito alle nozze con banchetto (2)Cristo; è lui lo sposo tanto atteso e desiderato e ora misconosciuto e rifiutato. Le scuse che ancora oggi vengono addotte per giustificarsi non sono sostanzialmente diverse da quelle degli invitati alle nozze del vangelo di oggi; cambiano i mestieri e il tipo di occupazione, ma tutti sono ugualmente presi e coinvolti dalle mille faccende della vita presente. Il loro tempo e stracolmo di impegni per le “cose” da fare, per cui non c’è più spazio per il Signore. Così molti posti rimangono vuoti: perché gli invitati hanno ben altro da fare! Così accade che i prediletti rimangono nelle strade del mondo e al loro posto vengono invitati ciechi, storpi e zoppi. Il Signore non si rassegna mai ai rifiuti degli uomini. Proprio dal rifiuto degli “eletti” la fede è giunta fino a noi. Ora comprendiamo meglio la frase evangelica “gli ultimi saranno i primi”! Anche noi eravamo tra gli ultimi. Oggi siamo Figli di Dio. (Preparato dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire)

PREGHIERA DELLA SERA

O Dio nostro Padre, accogli e benedici queste invocazioni che noi intendiamo unire al coro di preghiere che oggi la Chiesa ha elevato a Te, in Cristo Gesù nostro Signore. In cambio Ti affidiamo, le gioie e le fatiche, le rinunce e gli atti di carità che siamo riusciti a fare in questo giorno e Ti ringraziamo con tutto il cuore per tutto quello che fai per noi e ci dai ogni giorno. Amen

Beato Bernardo Lichtenberg

Sacerdote (1875-1943) 5 novembre
B. Bernardo Lichtenberg
Quando Hitler salì al potere contribuì a distribuire copie clandestine dell’enciclica Mit brennender Sorge, di papa Pio XII, proibita in Germania e chiese di pregare per gli ebrei. La Gestapo lo mandò a Dachau, ma…
Bernardo Lichtenberg nacque a Ohlau, in Slesia (oggi Polonia), in una famiglia
borghese, studiò teologia a Innsbruck e fu ordinato sacerdote a ventiquattro anni; fu poi mandato a Berlino, dove trascorse gran parte della sua vita come parroco, e alla fine venne eletto al capitolo della cattedrale di S. Helwig.
Era un conservatore tedesco tipico della sua generazione, con opinioni rigorose sulla morale e sull’obbedienza, convinto sostenitore della gerarchia e dell’obbedienza al papa; dopo la prima guerra mondiale, sedette nel parlamento B. Bernardo Lichtenberg1regionale di Berlino, come membro del partito cattolico di centro. Allo stesso tempo era anche fervente sostenitore della giustizia e carità, appoggiando i pacifisti della “Lega per la Pace dei Cattolici Tedeschi” nel 1931; questa e altre azioni attirarono la collera del giornale nazista Der Angriff, poi pubblicato da Josef Goebbels.
Quando Hitler salì al potere nel 1933, Bernardo tentò invano di persuadere il cardinale . Bertram, presidente temporaneo della conferenza dei vescovi tedeschi, a protestare contro il boicottaggio nei confronti dei negozi ebrei. Nel 1935, si lamentò con Hermann Goering per il trattamento degli ebrei nei campi di concentramento; Goering negò tutto e chiese che fosse tenuto in custodia cautelare con l’accusa di aver diffuso false informazioni sullo stato tedesco. Il concordato stipulato tra la Germania e la Santa Sede nel 1935 privò effettivamente i cattolici di una vera organizzazione all’interno del Terzo Reich e la resistenza divenne un fatto individuale. Bernardo contribuì a distribuire copie clandestine dell’enciclica Mit brennender Sorge, di papa Pio XII , proibita in Germania.
Dopo la Kristallnacht del 10 novembre 1958, si rivolse alla sua congregazione, affermando che stava bruciando un tempio («e che anche quella è la casa di Dio»), e chiese di pregare per gli ebreiFu eccezionale nel condannare la beatobernardolichtenbergpersecuzione degli ebrei da parte di Hider e per questo fu imprigionato nel 1941 e, al suo rilascio due anni dopo, consegnato alla Gestapo per la “rieducazione”, quando ormai era vecchio e malato.
La Gestapo lo mandò a Dachau, ma Bernardo ebbe un collasso durante il viaggio e fu portato all’ospedale di Hof in Baviera, dove morì il 5 novembre 1943. Il corpo fu trasportato a Berlino per la sepoltura e una folla di quattromila persone partecipò alla processione, nonostante le continue incursioni aeree. Un astante affermò: «Mi chiedo se sanno di aver sepolto un santo».
È stato beatificato con un altro oppositore del nazismo, p. Kari Leisner, da papa Giovanni Paolo II , durante la sua seconda visita in Germania nel giugno del 1996.
FonteIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler

lunedì 4 novembre 2013

letture di lunedì 04 novembre 2013

XXXI Settimana del Tempo Ordinario – Anno I

“«Cercherò le pecore del mio gregge», dice il Signore, «e farò sorgere un pastore che le conduca al pascolo; io, il Signore, sarò il loro Dio».

PREGHIERA DEL MATTINO

Custodisci nel tuo popolo, o Padre, lo spirito che animò il vescovo san Carlo, perché la tua Chiesa si rinnovi incessantemente, e sempre più conforme al modello evangelico manifesti al mondo il vero volto del Cristo Signore. Egli è Dio…

PRIMA LETTURA

Rm 11, 29-36
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Romani
dio4Fratelli, i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti! O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.
C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE

Sal.68
PoveroRIT: Nella tua grande bontà, rispondimi, Signore.
Io sono povero e sofferente: la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro. Loderò il nome di Dio con un canto, lo magnificherò con un ringraziamento. RIT
Vedano i poveri e si rallegrino; voi che cercate Dio, fatevi coraggio, perché il Signore ascolta i miseri e non disprezza i suoi che sono prigionieri. RIT
Perché Dio salverà Sion, ricostruirà le città di Giuda: vi abiteranno e ne riavranno il possesso. La stirpe dei suoi servi ne sarà erede e chi ama il suo nome vi porrà dimora. RIT

CANTO AL VANGELO

Alleluia, Alleluia.
Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli, dice il Signore, e conoscerete la verità.
Alleluia.

VANGELO

Lc 14, 12-14
Dal Vangelo secondo Luca
si è fatto povero tra i poveriIn quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

COMMENTO

Chi mai gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio?
Rm 11, 35

Nelle letture di oggi c’è una nota comune: il contraccambio. Ai Romani s. Paolo, riferendosi all’amore gratuito e preveniente di Dio, domanda: “Chi gli ha dato qualcosa per primo sì che abbia a riceverne il contraccambio?” E nel vangelo Gesù, a proposito dell’invitare a mensa poveri, ciechi e zoppi, piuttosto che amici e PARALITICOparenti, proprio perché non possono restituire il favore, presenta la beatitudine della gratuità: “E sarai beato perché non hanno da ricambiarti”.Qualcuno ha detto: “l’amore evangelico infatti non è motivato da un proprio vuoto da colmare ma da una eccedente pienezza interiore”. Ecco: la gratuità trova la sua fonte e la sua origine in un’ eccedenza, in un cuore in cui abita e sovrabbonda “il buon tesoro” del bene. Siamo capaci di dare senza voler ricevere nella misura in cui ci siamo allenati a non vivere di calcoli, a fidarci di Cristo e abbiamo accettato che per amare di amore puro dobbiamo “perdere” e “lasciare cadere”. Perdere tempo, beni, spazi, privilegi, onori, sicurezze…Lasciare cadere quelle impalcature di perbenismo dove ogni gesto ha il marchio dell’Andata e Ritorno, dove la frase più comune è “a buon rendere”. (Preparato: Eremo San Biagio – la chiesa it)buon-pastore

PREGHIERA DELLA SERA

O Dio, che in San Carlo Borromeo hai offerto alla Chiesa un’immagine di Cristo buon pastore, apri il nostro cuore alla trasparenza del Tuo amore, per essere nel mondo segni della Tua misericordia. In cambio Ti affidiamo, le gioie e le fatiche, le rinunce e gli atti di carità che siamo riusciti a fare in questo giorno e Ti ringraziamo con tutto il cuore per tutto quello che fai per noi e ci dai ogni giorno. Amen

San Carlo Borromeo

vescovo (1538-1584) 4 novembre
Carlo Borromeo fu un grande teologo e pastore ed è una delle figureSan Carlo Borromeo fondamentali della Riforma cattolica. La sua attività di predicazione era inevitabilmente ostacolata dalla balbuzie, ma riuscì a superarla tanto da riuscire a far appello ai sentimenti del popolo
Nacque nel castello di Arona sul lago Maggiore il 2 ottobre 1538, secondo figlio maschio in una famiglia di seiIl padre, il conte Gilberto Borromeo, era un uomo buono e pieno di talentola madre Margherita, che morì quando Carlo aveva solo nove anni, apparteneva alla famiglia dei Medici di Milano, non di Firenze, mentre il fratello minore della madre, Gianangelo, divenne papa Pio IV (1559-1565). Anche Carlo era un ragazzo devoto e serio; soffrì molto durante la sua vita, a causa di alcuni disturbi legati al linguaggio, probabilmente la balbuzie, considerata da qualcuno come segno di ottusità. In realtà, era molto intelligente, e la sua invalidità fu compensata dalla determinazione e da una straordinaria capacità di sacrificio. Ricevette la tonsura clericale soli dodici anni e lo zio Giulio Cesare gli offrì l’abbazia benedettina di Arona, da anni tenuta dai membri della sua famiglia in commendam.

VIDEO-STORIA

Fu normale per Carlo ricordare al padre che, a parte le spese per la sua educazione clericale, tutte le entrate dell’abbazia appartenevano ai poveri e non potevano essere usate per nessun altro fine. Gilberto lo prese sulla parola; le lettere di Carlo ci dimostrano che, quando si recò a studiare, prima a Milano e poi a Pavia, prendendo con sé una piccolissima parte del denaro dell’abbazia, era continuamente senza soldi. Al conseguimento del dottorato nel 1559, entrambi i genitori erano già morti, perciò tornò a Milano, dove apprese che lo zio era stato eletto papa dal conclave riunitosi alla morte di papa Paolo IV (1555-1559).
San Carlo Borromeo1All’inizio dell’anno successivo, quando Carlo non aveva ancora ventidue anni e apparteneva ancora agli ordini minori, il nuovo papa lo nominò cardinale; successivamente, l’8 febbraio, gli affidò l’amministrazione della sede vacante di Milano e altri incarichi (capo della consulta, in altre parole segretario dello Stato pontificio; nunzio apostolico a Bologna, in Romagna e nelle Marche ad Ancona; patrono cardinale del Portogallo, dei Paesi Bassi, dei cantoni cattolici della Svizzera, dei frati minori, dei carmelitani, dei Cavalieri di Malta, e così via),impegni che lo trattennero a Roma, obbligandolo a cercare dei sostituti per governare la sua diocesi.
Carlo svolse i suoi compiti con un’enorme energia, in modo così metodico da non dare mai l’impressione di essere frettoloso; trovò sempre il tempo di dedicarsi agli affari di famiglia, alla musica e agli esercizi fisici. Fin dall’inizio, fu patrono della cultura, che desiderava incoraggiare tra gli ecclesiastici, e a questo scopo istituì alcune organizzazioni, inclusa un’accademia letteraria in Vaticano, composta da membri appartenenti al clero e al mondo laico.
Convinto che la sua posizione gli imponesse di seguire lo stile di vita della corte papale, acquistò un fastoso palazzo con servitù, al fine di offrire il consueto genere d’intrattenimenti, ma dentro di sé, avendo scoperto «un nuovo aspetto della sua vacuità», decise di restare distaccato da questo modo di vivere.
Il suo interesse principale fu l’arcidiocesi di Milano, e l’assenza forzata, insieme alle difficoltà della vita a Roma, lo fecero sentire a disagio; quando l’arcivescovo di Braga, Bartolomeo di Mardribus, visitò la città, Carlo gli confidò i suoi timori:
«Vedete la mia posizione. Siete consapevole di ciò che significhi essere nipote del papa, il nipote più amato? Le difficoltà sono infinite: sono giovane e non ho esperienza. Che cosa dovrei fare? Dio mi ha donato l’amore per la penitenza e talvolta penso di entrare in un monastero e di vivere come se al mondo ci fossimo solo Dio e io».
L’arcivescovo riuscì a rassicurarlo che Dio gli aveva affidato il compito di essere al servizio della Chiesa e che lui non avrebbe dovuto abbandonarlo, però aggiunse San Carlo Borromeo2anche di raggiungere Milano, il più presto possibile. Era più semplice dirlo che farlo; subito dopo la sua elezione, Pio IV annunciò l’intenzione di riconvocare il Concilio di Trento, sospeso nel 1552, durante il regno di papa Giulio I II (1550-1555). Fortunatamente per papa Pio IV, l’idea piacque a Carlo, e fu, infatti, per lo più grazie alla sua energia e influenza se il concilio si riaprì nel gennaio del 1562, per la sua ultima e più importante sessione, e fu ancor più grazie alla sua diplomazia e attenzione che potè continuare durante i due anni necessari a completare i lavori.
I due punti in cui s’impegnò personalmente furono la redazione del catechismo e la riforma dei libri liturgici e della musica ecclesiastica  (fu un sostenitore di Palestrina, al quale commissionò la Missa Papae Marcelli). Si può affermare con sicurezza, tuttavia, che fu la mente e lo spirito dominante dell’ultimo periodo di questo concilio riformatore, che approvò molti dei suoi più importanti decreti dottrinali e disciplinari.
Mentre il concilio era ancora in sessione, il fratello maggiore, Federico, morì e Carlo si trovò a capo della famiglia, perdita che gli provocò una nuova crisi(qualcuno, visto che non era ancora stato ordinato, gli suggerì di rinunciare al sacerdozio per sposarsi, ma Carlo aveva altro in mente).
Rinunciò alla sua posizione in famiglia in favore dello zio Giulio e nel 1563 tu finalmente ordinato sacerdote: due mesi dopo fu consacrato vescovo, ma non gli fu permesso ancora di raggiungere la sua diocesi che, dopo otto anni senza un vescovo residente, si trovava in uno stato di degrado deplorevole. Il suo vicario, aiutato da un gruppo di gesuiti, aveva fatto il possibile per adempiere al programma di riforme, ma senza successo; alla fine, il papa permise a Carlo di visitare la diocesi e di tenere un consiglio provinciale, evento a cui parteciparono dieci vescovi suffraganei, durante il quale colse l’opportunità di promuovere alcune direttive che incarnavano i decreti del recente concilio, specialmente quelli relativi alla disciplina, al tirocinio del clero e alla celebrazione del culto.
San Carlo Borromeo3Durante il suo viaggio di ritorno a Roma attraverso la Toscana, dove svolse l’incarico di legato papale a latere, fu raggiunto dalla notizia che papa Pio IV stava morendo, perciò si affrettò a tornare, raggiungendo Roma con S. Filippo Neri (26 mag.),in tempo per assistere alla sua morteIl nuovo papa, S. Pio V(1566-1572; 30 apr), convinse Carlo a restare a Roma per un periodo, ma quest’ultimo, che considerò la morte dello zio come uno spiraglio di quella libertà tanto desiderata, insistette per poter tornare nella sua diocesi. Con la benedizione del papa, giunto finalmente a Milano, nell’aprile del 1566, si dedicò immediatamente al suo programma di riformeil popolo non andava più a Messa e non riceveva i sacramenti, il clero aveva cattive abitudini, era pigro e lascivo, la corruzione e la superstizione erano molto diffuse; tuttavia, grazie alla fermezza con la quale mise in pratica i decreti sanciti, senza distinzioni tra le persone, grazie alla sua bontà e devozione, e lavorando seriamente e faticosamente. Carlo alla fine riuscì a cambiare le cose.
Cominciò a occuparsi della sua servitù, insistendo perché ognuno dei suoi cento membri circa ricevesse un salario adeguato, e vietando loro di accettare donazioni; il suo stile di vita era semplice (sebbene si accorgesse che le privazioni gli toglievano energia necessaria per svolgere il proprio lavoro); riceveva inoltre parecchie donazioni da diverse fonti, ma sembra sia stato straordinariamente generoso, trattenendo per sé solo il minimo necessario al suo sostentamento,donando tutto alle famiglie che ne avevano bisogno e per molte altre cause (il Collegio inglese di Douai fu una delle tante istituzioni che beneficiarono della sua generosità), Carlo si preoccupò in particolare che i sacerdoti ricevessero un’istruzione adeguata, perciò fondò dei seminari, idea che fu seguita in molti altri luoghi; organizzò inoltre dei ritiri per San Carlo Borromeo4sacerdoti sotto la sua giurisdizione, usufruendone lui stesso due volte all’anno; inoltre si confessava ogni giorno prima della Messa. Il suo confessore era Griffith Roberts, un sacerdote del Galles della diocesi di Bangor, autore di una famosa grammatica gallese. Nominò inoltre un altro gallese, Owen Lewis, vicario generale.
Amava molto il culto e non lo trascurò mai, per quanto potesse essere
occupato; la sua attività di predicazione era inevitabilmente ostacolata dalla balbuzie, ma riuscì a superarla tanto da riuscire a far appello ai sentimenti del popolo. Un amico. Achille Gagliardi, affermò:
«Mi sono sempre stupito di come, pur senza una naturale eloquenza e nulla d’attraente nei suoi modi, riuscisse a provocare tanti cambiamenti nel cuore dei propri ascoltatori. Parlava poco, con voce profonda e appena udibile, ma le sue parole avevano sempre un effetto».
S’interessò nella stessa misura dell’istruzione infantile, inducendo i sacerdoti parroci a svolgere lezioni di catechismo pubblico la domenica e nelle feste; inoltre fondò la congregazione della Dottrina Cristiana, con circa tremila catechisti che seguirono quarantamila allievi. In tutto questo lavoro di riforma, Carlo fu aiutato da un certo numero di ordini religiosi, come i gesuiti e i Chierici Regolari di S. Paolo, o barnabiti, poiché aveva contribuito alla revisione delle loro regole. Più tardi, nel 1578, di fronte al rifiuto dei canonici regolari di accettare alcune delle sue riforme, fondò una congregazione di sacerdoti secolari, gli Oblati di S. Ambrogio, che dopo aver pronunciato un semplice voto d’obbedienza al vescovo, avrebbero potuto ricevere da lui incarichi appropriati. La congregazione esiste ancora con il nome di Oblati di S. Ambrogio e di S. Carlo (Ambrosiani), e il cardinale Manning la prese come modello quando istituì gli Oblati di S. Carlo a Londra nel 1857.
Carlo inevitabilmente incontrò molte opposizioni e almeno due volte, nel 1567 e 1569, entrò in grave conflitto con le autorità civili, essenzialmente su questioni di giurisdizione. In entrambe le occasioni, gli eventi furono riferiti a papa Pio V e a re Filippo II di Spagna (Milano era sotto il governo spagnolo in quel periodo), e in entrambi i casi la questione si risolse a favore dell’arcivescovo. Carlo, nel frattempo, rimase irremovibile, e iniziò personalmente a mettere in atto le sue riforme nelle valli alpine a nord della città, dove la gente, abbandonata dai suoi predecessori, oltre che dal clero locale, aveva iniziato ad avvicinarsi al protestantesimo di Zwingli. Queste missioni furono interrotte brevemente nel 1569, anno in cui Carlo subì un attentato da parte di un membro dell’Ordine degli umiliati, che stava tentando di riformare senza alcun risultato.
San Carlo Borromeo5La devozione di Carlo per il suo popolo fu più evidente del solito nel 1570, quando il raccolto andò perso e vi fu una grave carestia in città: fu instancabile nel portare conforto al poveridistribuendo personalmente il cibo ogni giorno a tremila persone per tre mesi. Successivamente, nel 1576, nonostante non fosse presente a Milano in occasione di un’epidemia di peste, che durò due anni, si affrettò a ritornare e scoprì che il governatore e le altre autorità che avrebbero potuto sostituirlo avevano abbandonato la città il più presto possibile. Anche se il governatore fece ritorno per sua richiesta, Carlo si assunse la responsabilità di organizzare l’assistenza ai malati, la sepoltura dei defunti e la distribuzione quotidiana del cibo per oltre settantamila persone,esaurendo tutte le sue risorse e contraendo molti debiti per aiutare il, popolo colpito dalla peste. Perfino di fronte a questa evidenza, i magistrati milanesi si lamentarono di lui con il papa (accuse forse non interamente infondate, dal momento che era famoso per esprimersi in modo estremo, nell’ansia di portare le cose a termine).
Nella primavera del 1580, Carlo ospitò un gruppo di giovani uomini in viaggio da Roma verso le missioni inglesi, tra cui anche S. Rodolfo Sherwin e S. Edmondo Campion (entrambi 1 dic), che avrebbero dato la vita per la fede l’anno seguente. A questo punto, a causa dei viaggi frequenti, delle veglie continue, della tensione provocata dal lavoro e dall’ansia, la salute iniziò a peggiorare. Nell’ottobre del 1584, dopo due anni particolarmente duri, si recò a Varallo per il consueto ritiro annuale; il 24 dello stesso mese si ammalò, il 29 partì per Milano, fermandosi nel suo luogo di nascita, lungo la strada, per celebrare la Messa. Raggiunta Milano il 2 novembre, si coricò a letto e chiese l’estrema unzione, che ricevette dall’arcivescovo della cattedrale, morendo in pace nella notte tra il 3 e il 4 novembre 1584, all’età di soli quarantasei anni.
Carlo Borromeo fu sepolto nella cattedrale di Milano e nacque immediatamente un culto, che si diffuse rapidamente; fu canonizzato da papa Paolo V (1605-1621) nel 1610. Gli artisti iniziarono a ritrarlo, da solo o in compagnia di altri santi, anche prima della canonizzazione: uno dei numerosi bei dipinti è di Giovanni Battista Crespi, conservato nella chiesa di S. Maria della Passione a Milano; inoltre nella chiesa di S. Carlo ad Arona, è conservato un reliquiario che contiene una copia della sua maschera funebre.
É INVOCATO: – contro la peste – come protettore dei catechisti
FonteIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler

domenica 3 novembre 2013

letture di domenica 03 novembre 2013

XXXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

“Non abbandonarmi, Signore mio Dio, da me non star lontano; vieni presto in mio aiuto, Signore, mia salvezza.”

PREGHIERA DEL MATTINO

Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa’ che camminiamo senza ostacoli verso i beni da te promessi. Per Cristo nostro Signore. Amen

PRIMA LETTURA

Sap 11,22 – 12,2
Dal libro della Sapienza
Signore, tutto il mondo davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché lode a Diotutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini,  aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita. Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore.
C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE

Sal 144
NOME SS DI GESù.1jpgRIT: Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre. Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. RIT
Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. RIT
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza. RIT
Fedele è il Signore in tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere. Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto. RIT

SECONDA LETTURA

2 Ts 1,11 – 2,2
Dalla seconda lettera di San Paolo apostolo ai Tessalonicési
SS.  PIETRO E PAOLO9Fratelli, preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo. Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente.
C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.

CANTO AL VANGELO

Alleluia, Alleluia.
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Alleluia.

VANGELO

Lc 19, 1-10
Dal Vangelo secondo Luca
zaccheoIn quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Lettura ed Omelia di Don Ferdinando Colombo

su http://www.sacrocuore-bologna.it/it/audio.php  (DISPONIBILE DA DOMENICA)

COMMENTO

Zaccheo e… noi.
La Parola di questa domenica si può definire la ricerca di Dio e l’ «abbraccio misericordioso» per ognuno di noi. Siamo ormai finendo l’anno della fede, indetto dal Papa, quale tempo favorevole per sentirsi accolti nel cuore di Gesù che ci tende la mano pronto a venire a casa nostra. Un pittore inglese dipinse un Gesù che bussa dietro una porta chiusa, mentre infuria la tempesta e Lui è in mezzo a erbacce e rovi. Poiché la maniglia è solo dalla parte chiamata (4)di dentro, non può entrare finché qualcuno non apre. Bellissima immagine di Dio e noi! Siamo solo noi che possiamo aprire la porta a Cristo, gli unici che possiamo invertire le rotte verso la sorgente della vita, in grado di lasciarsi accogliere da Colui che ha «compassione di tutti in vista del pentimento»
(Sap.11,23). E’ quello che dice la prima lettura di oggi. Il Signore poco per volta ci conduce verso la salvezza e ci chiede docilità nel seguirlo sulla via della vita. Anche nella seconda lettura San Paolo invita la comunità di Tessalònica a vivere nella concretezza la sua appartenenza a Cristo e a tradurre la sua fede in gesti coraggiosi. Paolo invita a non fuggire alla fatiche dell’oggi e a non lasciarsi vincere dalla tentazione di evàdere fuori del tempo, reclamando come imminente la venuta del Signore. La fede passa per la croce della prova e per scelte di vita che costano. Tutto questo si realizza in Zaccheo che con coraggio ha tradotto quel «briciolo di fede in fondo al cuore» in un forte e chiaro gesto: «salì sull’albero per vedere Gesù». Luca nel Vangelo di questa trentunesima domenica continua a passare in rassegna i pubblici peccatori (vi ricordate domenica scorsa il fariseo e il Zaccheo1pubblicano nel tempio?). Anche Zaccheo è un pubblicano, appaltatore della tasse, ricco, malvisto e ladro. Zaccheo significa: «Dio si ricorda». Il capo degli esattori delle tasse viene riscattato da Gesù, egli, abituato ad estorcere fino all’ultimo spicciolo riceve gratuitamente la salvezza. Se Giosuè ha assistito alla caduta delle mura di Gerico, Gesù costata l’ingresso da parte di un ricco nel regno dei cieli. Poco prima aveva detto: «E’ più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno dei cieli! (Lc 18,25). Zaccheo, piccolo di statura, cioè con poca fede, compie un gesto grande, sale su un sicomòro, ma ecco, che si sente chiamare: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
A volte siamo noi che tentiamo con le nostre opere di conquistare Dio, invece è Lui che in Cristo viene a curare noi! Apriamogli le porte, fisicamente e spiritualmente. Saliamo, diamoci cioé da fare, lasciamoci trovare da Gesù che ci cerca sul sicomoro. tante volte il cuore non ha bisogno di parole, basta uno sguardo. «Andrò in cerca della pecora perduta… Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore pentito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (Lc 15, 4.7). Zaccheo, pieno di gioia, accoglie Gesù, ma la folla subito inizia a mormorare scandalizzata (come siamo tutti bravi in questo!): «è andato ad alloggiare da un peccatore!». Ma Zaccheo ormai ha trovato la vera ricchezza: Gesù, e ci spiazza con la sua immediata risposta: «Ecco, Signore, io dò la metà dei miei beni ai poveri e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto». E la risposta del Signore? Eccola: «oggi la salvezza è entrata in questa casa». Il Santo Padre Benedetto ci incoraggia: «mai disperare della misericordia di Dio» (RB 4,74). Dio si ricorda di ognuno di noi e notte e giorno ci cerca. Nonostante la nostra «piccola statura» non ci scoraggiamo, la preghiera è il nostro «albero», la nostra salvezza e ci sentiremo anche noi chiamare per nome: oggi devo fermarmi a casa tua! (Preparato dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire)

PREGHIERA DELLA SERA

O Signore Dio, che ci hai affidato la Tua legge per la nostra vita, aiutaci a non disprezzare nessuno dei Tuoi comandi, e a migliorare sempre più il nostro amore al prossimo. In cambio Ti affidiamo, le gioie e le fatiche, le rinunce e gli atti di carità che siamo riusciti a fare in questo giorno e Ti ringraziamo con tutto il cuore per tutto quello che fai per noi e ci dai ogni giorno. Amen

San Martino de Porres

religioso (1575 – 1639) 3 novembre
Martino fu il primo mulatto a essere riconosciuto dalla Chiesa per la sua S. MARTINO DE PORRESeroica virtù cristiana. Il padre spagnolo si rifiutò di riconoscerlo come figlio. Di doti soprannaturali ne aveva davvero tante, come quella di passare per le porte chiuse.
Nato a Lima in Perù il 9 dicembre 1575, era figlio naturale di don Juan de Porres, un hidalgo spagnolo, e di Anna Velàzquez, una liberta di colore di Panama. Juan fu molto deluso per il fatto che suo figlio avesse ereditato i lineamenti e la carnagione della madre, e quando Martino alla fine fu battezzato (il 9 novembre 1579), fu iscritto nel registro come «figlio di padre sconosciuto».

VIDEO-STORIA

Rifiutando di riconoscere pubblicamente Martino e sua sorella minore come suoi figli, Juan li costrinse ad appartenere alla categoria di “figli illegittimi”, un enorme svantaggio nella società gerarchica di Lima di quei tempi. Comunque, pur affidandoli quasi completamente alle cure della madre, non abbandonò del tutto le sue responsabilità, dato che portò i figli con sé in Ecuador, dove ricevettero una certa istruzione. Inoltre, quando fu nominato governatore di Panama, fece ..assumere Martino, che aveva a quel tempo dodici anni, come apprendista presso il dottor Marcelo de Ribera a Lima. Dal dottor Ribera, Martino ricevette buone basi di medicina e molte altre nozioni mediche: come fermare le emorragie, curare le ferite e le fratture, prescrivere medicinali; la combinazione di queste conoscenze teoriche e pratiche con quelle ricevute dalla madre, famosa per la sua conoscenza delle erbe mediche, tornò utile. Per molte volte nel corso degli anni si occupò delle malattie che la medicina convenzionale non riusciva a curare.

IL FILM

(in lingua spagnola)
S. MARTINO DE PORRES1All’età di sedici anni. Martino de Porres, già membro del Terz’ordine di S. Domenico, fu accolto dai domenicani al convento del S. Rosario di Lima come donado (membro del Terz’ordine, un laico che riceveva cibo e alloggio in convento come compenso per il lavoro svolto, particolarmente servile).
Si narra che il padre di Martino, ancora governatore di Panama, l’abbia considerato un affronto alla propria dignità; cercò allora di far accettare il figlio come membro dall’Ordine dei predicatori. La vicenda, infatti, era più complicata di quanto sembri, dato che a quei tempi esisteva una legge che impediva agli «indiani, ai neri e ai loro discendenti» di entrare a far parte di un ordine religioso. Il priore del convento del S. Rosario, Juan de Lorenzana, era pronto a ignorarla nel caso di Martino, accettandolo come fratello laico, ma Martino rifiutò; solo nel 1599, all’età di ventiquattro anni, pronunciò la professione come fratello laico.
Le notizie sulla vita di Martino nell’Ordine domenicano sono tratte dalle testimonianze raccolte durante il processo di beatificazione; un membro della congregazione, Fernando de Aragonés, ne diede un’immagine complessiva; «Erano molti i lavori di cui si occupava il servo di Dio, frate Martino de Porres: era cerusico, chirurgo, guardarobiere e infermiere. Ognuno di questi lavori era abbastanza gravoso per un uomo solo, ma Martino vi si dedicava con grande generosità, prontezza e attenzione ai dettagli, senza sentirne il peso. Era sorprendente e mi fece capire che quello che nella sua anima lo legava a Dio era effetto della grazia divina».
Altri descrissero esempi più specifici della sua carità e del suo potere straordinario di guarigione; Fernando dell’Aguila, per esempio, racconta che Geronimo Batista, uno dei sacerdoti della congregazione, era affetto da gravi ulcere a una gamba, incurabili dalla medicina ufficiale, perciò l’unica soluzione era l’amputazione. Il chirurgo aveva appena iniziato l’intervento quando Martino entrò chiedendo che cosa stesse succedendo;quando apprese che il frate stava per S. MARTINO DE PORRES2perdere la gamba, disse al chirurgo di fermarsi e che l’avrebbe curato lui stesso: in pochi giorni il paziente guarì completamente.
Martino non svolse la sua attività solo all’interno della congregazione, ma estese le sue attenzioni agli ammalati della città e si occupò della costruzione di un orfanotrofio e di un ricovero per trovatelli, con annesse molte altre fondazioni. Gli fu dato il compito di distribuire ai poveri, ogni giorno,il cibo del convento (che si dice moltiplicasse miracolosamente in caso di bisogno) e si prese personalmente cura degli schiavi deportati in Perù dall’Africa. La sua ambizione più grande era di essere mandato in qualche missione all’estero, per la gloria del martirio, ma dal momento che non era possibile, decise di infliggersi rigorose penitenze (si parlò molto durante il processo di beatificazione non solo delle penitenze, ma anche delle straordinarie doti soprannaturali, inclusa la capacità di passare attraverso le porte chiuse).
Il suo amore per le creature di Dio si estendeva agli animali (divenne noto come il S. Francesco delle Americhe): giustificava addirittura le devastazioni compiute dai topi affermando che i piccoli esseri non erano adeguatamente nutriti; giunse inoltre a creare a casa della sorella un ricovero per cani e gatti.
Secondo il suo pupillo, Juan Vasquez Parrà, Martino fu molto pratico nelle opere di carità: con i soldi e i beni che raccoglieva scrupolosamente e metodicamente, provvide alla dote di sua nipote in tre giorni e allo stesso tempo raccolse altrettanto denaro, e anche di più, per i poveri.
S. MARTINO DE PORRES3Insegnò a seminare la camomilla nelle orme lasciate dagli animali sul terreno ben concimato, mise un servo di colore in lavanderia, si occupò di chiunque avesse bisogno, fossero coperte o candele, camicie o dolci, miracoli o preghiere. La sensibilità di Martino è rivelata in due episodi; nel primo si nana che un avvocato, don Balthasar Carrasco, desiderava essere suo figlio adottivo e chiamarlo padre, al che Martino obiettò:
«Perché vuoi un mulatto per padre? Non starebbe bene». «Perché no?», replicò don Balthasar, «direbbero piuttosto che hai un figlio spagnolo». In un’altra occasione, quando il suo priorato aveva difficoltà a saldare un debito. Martino offrì se stesso in cambio: «Sono solo un povero mulatto, sono proprietà dell’ordine. Vendetemi».
Martino fu amico di S. Rosa di Lima (23 ago.) e anche del B. Giovanni Macias (18 set.), fratello laico dei domenicani di Santa Maria Maddalena in quella città. Alla sua morte avvenuta il 3 novembre 1639, prelati e nobili, oltre a gente d’ogni estrazione sociale, parteciparono alla processione funebre, acclamandolo come loro santo. Fu beatificato nel 1837, dopo molti ritardi, e canonizzato il 6 maggio 1962, È il patrono della giustizia sociale e dei rapporti interrazziali, data la sua carità di portata universale.
È INVOCATO; – come protettore di barbieri, parrucchieri, giudici, della televisione, delle scuole e di tutte le opere di giustizia sociale, specie contro le segregazioni razziali
FonteIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler

sabato 2 novembre 2013

Letture di sabato 02 novembre 2013

02 novembre 2013

Gesù è morto ed è risorto; così anche quelli che sono morti in Gesù Dio li radunerà insieme con lui. E come tutti muoiono in Adamo, così tutti in Cristo riavranno la vita.

PREGHIERA DEL MATTINO

Ascolta, o Dio, la preghiera che la comunità dei credenti innalza a te nella fede del Signore risorto, e conferma in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova. Per iCristo nostro Signore. Amen

PRIMA LETTURA

Gb 19, 1.23-27
giobbeDal libro di Giobbe.
Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro».
C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE

Sal 26
RIT: Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.
Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore? RITcuore in cielo
Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario. RIT
Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto. RIT
Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore. RIT

SECONDA LETTURA

Rm 5, 5-11
Dalla lettera di San Paolo ai Romani.
CROCE nostra-Signora-della-Carità-del-SangueFratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.

CANTO AL VANGELO

Alleluia, Alleluia.
Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno, dice il Signore.
Alleluia.

VANGELO

Gv 6, 37-40
Dal Vangelo secondo Giovanni
eucarestia17In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

COMMENTO

Venite, benedetti, dal Padre mio.
Gesù sarà il Giudice glorioso di tutti gli uomini. Le immagini della parabola presentate da questa liturgia, sono tipiche dei discorsi profetici sul “tempo della fine”, tempo insieme nostro e di Gesù che si rivela qui in due inaudite identificazioni, se pur su due piani diversi: lui e Dio, lui e i “poveri”. Questa “parabola del giudizio” ha la funzione di mettere i credenti sull’avviso: il discernere messa defuntio no questa equazione a tre termini, già fin d’ora giudica la tua esistenza. La speranza dei credenti è indirizzata verso l’incontro definitivo con Dio, come invito a una comunione piena, quella comunione alla quale già ci introduce, come a primizia, l’adesione a Cristo, e massimamente la partecipazione alla sua Eucaristia. Ma lui nella sua presenza e nella sua sembianza, nei poveri, nei piccoli, chiamerà i suoi fratelli ad una fede in una presenza diversa da quella eucaristica, ma sicuramente non meno vera ed impegnativa. È in questa prospettiva di fede che oggi facciamo memoria di tutti i fedeli defunti, pensando a loro ancora in attesa dell’incontro finale con Cristo nella beatitudine eterna. Preghiamo per le anime purganti, quelle che, nella luce dello Spirito, non si sentono ancora degne di accedere alla perfetta visione di Dio nel suo Regno di amore e di perfezione. Quello che compiamo in questo giorno non è un semplice gesto di pietà, non è la solita visita ai cimiteri e alle tombe dei nostri defunti a deporre fiori o a ravvivare in noi la loro memoria, è piuttosto una manifestazione di fede e di autentica carità cristiana, mossi dalla certezza che le nostre preghiere, i nostri suffragi, le indulgenze che possiamo lucrare a loro favore, concorrono ad affrettare l’ingresso nel Regno di Dio, nella beatitudine eterna. Possiamo considerare anche utilitaristicamente i nostri suffragi a favore delle anime purganti nel senso che abbiamo la certezza di poter poi godere della loro preghiera per noi quando avranno raggiunto la pienezza della gioia nell’eternità di Dio. (Preparato dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire)
purgatorio anime

PREGHIERA DELLA SERA

O Dio, ricco di misericordia, accogli nel nome di Cristo, morto e risorto, le nostre preghiere: a tutti i defunti, liberati da ogni colpa, svela il mistero del tuo volto e rendili partecipi della tua vita per tutti i secoli dei secoli. In cambio Ti affidiamo, le gioie e le fatiche, le rinunce e gli atti di carità che siamo riusciti a fare in questo giorno e Ti ringraziamo con tutto il cuore per tutto quello che fai per noi e ci dai ogni giorno. Amen.

il messaggio di Medjugorje del 02 novembre 2013

Messaggio di Medjugorje del 02 novembre 2013

dato a Mirjana
Cari figli, vi invito di nuovo maternamente ad amare, a pregare senza sosta per il dono dell’amore, ad amare il Padre Celeste al di sopra di tutto. Quando mirjanaamerete Lui, amerete voi stessi ed il vostro prossimo. Queste realtà non possono essere separate. Il Padre Celeste è in ogni uomo, ama ogni uomo e chiama ogni uomo col proprio nome. Perciò, figli miei, attraverso la preghiera ascoltate la volontà del Padre Celeste. Parlate con Lui. Abbiate un rapporto personale col Padre, che renderà ancora più profondo il rapporto tra voi, comunità dei miei figli, dei miei apostoli. Come Madre desidero che, attraverso l’amore verso il Padre Celeste, vi eleviate al di sopra della vanità di questa terra ed aiutiate gli altri a conoscere e ad avvicinarsi gradualmente al Padre Celeste. Figli miei, pregate, pregate, pregate per il dono dell’amore, perché l’amore è mio Figlio. Pregate per i vostri pastori, affinché abbiano sempre amore per voi, come l’ha avuto e l’ha mostrato mio Figlio dando la sua vita per la vostra salvezza. Vi ringrazio.
La Madonna ha benedetto tutti i presenti e tutti gli oggetti sacri. Mirjana ha detto che la Madonna era decisa e piena d’amore.
Fonte: Medjugorje tutti i giorni

Commemorazione dei defunti

anime del purgatorioLa morte talvolta colma gli esseri umani di paura, sempre di sgomento, perciò è naturale che l’uomo, a qualsiasi cultura appartenga, crei dei rituali in relazione a questo evento, molti dei quali sono espressione di fede nell’esistenza di una vita ultraterrena e nella necessità che l’individuo intraprenda un processo di purificazione per potervi accedere (oltre al fatto che questo processo sia favorito da quelli che rimangono sulla terra).
Nella tradizione giudeo-cristiana, le orazioni per i defunti sono perorate particolarmente in 2 Mac 12, 44-45:
«Perché se [Giuda Maccabeo] non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero resuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato».
È stato dimostrato che sin dal primo periodo del cristianesimo, per esempio nelle iscrizioni delle catacombe romane, si pregava per i cristiani defunti individualmente; ad ogni modo trascorse del tempo prima che la Chiesa riservasse un giorno alla commemorazione e al culto di tutti i fedeli defunti1defunti, per aiutarli nel loro viaggio da quello che più tardi verrà chiamato purgatio, alla presenza di Dio. Questa riluttanza da parte della Chiesa può essere stata causata dal fatto che le credenze e i rituali superstiziosi precristiani in relazione alla morte sopravvissero saldamente fino all’era cristiana.
Il primo caso di commemorazione dei defunti risale al periodo di S. Isidoro di Siviglia (t 636; 6 ott.) e forse era limitato alla Spagna; la data della celebrazione era il lunedì dopo la Pentecoste. Nella prima metà del IX secolo i monasteri avevano l’abitudine di commemorare formalmente i propri monaci e i benefattori defunti; non sembra esserci stato un giorno prestabilito per la commemorazione, ma nell’800 due monasteri, quello di San Gallo e quello di Reichenau, si accordarono ufficialmente per commemorare i defunti di entrambi i monasteri il 14 novembre di ogni anno. Circa nello stesso periodo Amalario, scrivendo il suo De ordine antiphonarii creò un legame definitivo tra la festa di Tutti i Santi e la Commemorazione dei Defunti:
«Ho inserito l’Ufficio dei morti dopo quello dei santi, poiché molti trapassano da questo mondo senza essere subito ammessi in compagnia dei beati».
defunti3Quest’opera deve essere stata nota anche a S. Odilone, abate di Cluny (t 1049; 1 gen.) quando ordinò alla sua congregazione di osservare il 2 novembre come giorno di preghiera per i defunti:
«Visto che la Chiesa celebrava già la festività di Tutti i Santi, sembra auspicabile che anche a Cluny si commemori con gioia e affetto la memoria dei fedeli dipartiti che hanno vissuto dall’inizio fino alla fine del mondo».
Grazie all’influenza di Cluny, quest’usanza si diffuse rapidamente, tuttavia non vi è traccia di un decreto papale che lo estendesse alla Chiesa universale, e trascorsero due o tre secoli prima che la Commemoratio animarum fosse comunemente inserita nei calendari e martirologi al 2 novembre. La festa della Commemorazione dei defunti è menzionata definitivamente in un martirologio compilato a Besangon a metà dell’XI secolo, ma in Inghilterra, dove nel 1075 Lanfranco, nelle sue Monastic Constitutions, spinse i suoi monaci a celebrare una Messa solenne per i defunti il 2 novembre, esistono quattro o cinque calendari di Canterbury del XII e XIII secolo che non citano affatto questa commemorazione.
Sembra che l’usanza di celebrare tre messe nel giorno dei morti sia nata nel priorato domenicano di Valencia, in risposta alla richiesta dei fedeli di celebrare defuntimesse speciali, all’inizio del XV secolo; papa Benedetto XIV la istituì in tutta la Spagna nel 1748, e nel 1915 Benedetto XV estese tale privilegio alla Chiesa occidentale intera, per tutti i defunti della guerra.
In Inghilterra vi sono almeno quattro edifici dedicati a questa commemorazione: i più famosi sono l’All Souls College, a Oxford, fondato dall’arcivescovo Enrico Chichele nel 1437, e l’All Souls Church, a Langham Place, Londra, costruita da John Nash tra il 1822 e il 1824. Alcune delle credenze più popolari relative alla festa dei defunti (per esempio, che le anime dei morti sarebbero tornate in questo giorno in veste di fantasmi o streghe a tormentare quelli da cui avevano ricevuto un torto mentre erano in vitasono ora più comunemente associate alla festa di Halloween (31 ott.).
Fonte: il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler

Beata Margherita di Lorena

Duchessa e clarissa(1521) 02 novembre
Di nobili origini alla morte del marito dovette lottare contro il re di Francia CarloB. MARGHERITA DI LORENA VIII che voleva portarle via i suoi figli. Oltre a loro riuscì a dedicarsi egregiamente anche dei suoi vassalli e dei suoi interessi fino a quando potè ritirarsi in convento.
Renato I di Sicilia detto il Buono, duca di Angiò e di Lorena, ebbe due fighe: Margheritache sposò Enrico VI di Inghilterrae Iolanda, che andò in moglie a Ferri di Lorena. Margherita di Lorena era la figlia di quest’ultima e sposò Renato, duca di Alencon, all’età di venticinque anni.
A dieci anni, durante una passeggiata nel bosco, si nascose con alcune coetanee, destando apprensione tra le persone del seguito. Ritrovata prima di notte, confessò di aver voluto darsi alla vita eremitica. Non furono molti a stupirsi, sapendo come il nonno facesse leggere alla bambina le Vite dei Padri del deserto e come il buon Sovrano angioino non si mostrasse né sorpreso né contrariato notando questa precoce vocazione all’ascetismo nella sua nipotina prediletta.
Dopo il matrimonio la vita dei due sposi non fu facile, perché i disastri della Guerra dei Cent’Anni angustiavano il piccolo Ducato e le cose peggiorarono quattro anni dopo,quando suo marito Renato morì, lasciandola a 32 anni con tre figli molto piccoli e con la responsabilità delle proprietà di Alencon.
B. MARGHERITA DI LORENA1Per prima cosa si assicurò il diritto di tutela sui propri figliche il re francese, Carlo VIII (1483-1498), voleva portarle via, e dopo si stabilì nel suo castello a Mauves, dove li allevò. Margherita s’interessò, oltre che dei suoi figli, anche dei suoi vassalli, curando non solo la loro crescita materiale ma anche quella spirituale, si rivelò un’abile amministratrice (quando il figlio Carlo, all’età giusta, si sposò, le loro proprietà erano in condizioni di gran lunga migliori di quanto fossero alla morte del padre).
Margherita visse sotto l’influenza di S. Francesco di Paola (2 apr.) e dalla morte del marito condusse una vita ascetica irreprensibile.
Nel 1513 ca., quando non ebbe più la responsabilità dei figli, fece tre parti dei suoi beni personali: una destinata ai poveri, l’altra alla Chiesa, la terza al proprio sostentamento e si ritirò a Mortagne, nel sud est di Argentali, dove esisteva un convento che le offrì l’opportunità di dedicarsi all’assistenza dei poveri e degli ammalati. Il Vescovo della Diocesi dovette invitare la Duchessa a moderare il proprio zelo ascetico, che la portava non solo a trascorrere notti quasi insonni, in preghiera, a indossare cilici, a digiunare a lungo, ma anche a disciplinarsi con estremo rigore per provare, com’ella stessa soleva dire, ” qualcosa della Passione di Gesù “.
Successivamente, trasferì molte monache di questo convento ad Argentan, riunendole sotto la Regola delle Clarisse povere ed entrandovi a far  parte nel 1519, senza però accettare l’incarico di badessa.
Dopo due anni, la Duchessa si ammalò. A chi le proponeva un cambiamento B. MARGHERITA DI LORENA2d’aria, rispose che era necessario obbedire alla Regola, ma non era necessario vivere. Infatti non visse a lungo, e si preparò alla morte rimettendosi completamente nelle mani della Madre Superiora, perché questa la rimettesse a sua volta nelle mani del Salvatore. Morì ad Argentan da vera clarissa, la sera del giorno dei defunti, nel 1521.
Sul petto le fu trovata una croce di ferro, con tre punte che penetravano nella carne. Nel 1793 i giacobini rimossero il corpo dalla tomba e lo gettarono in una fossa comune (lei stessa avrebbe riconosciuto una certa appropriatezza in quest’atto profano giacché la univa ai poveri, agli sconosciuti ai quali si era dedicata tanto).
É INVOCATA: – come protettrice delle partorienti
FontiIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler / santiebeati.it