venerdì 12 aprile 2013

Medjugorje – Padre Jozo, il grande testimone



P. Jozo, per la missione particolarissima che ha ricevuto dal Cielo, può, a pieno titolo essere definito “il testimone del Mistero e della presenza della Beata Vergine Maria su questa terra”.
Questo frate minore è nato a Uzarici Siroki Brijeg (vicino Mostar) il 19 marzo del 1941, in seno ad una numerosa famiglia di estrazione contadina. Sente la vocazione religiosa e compie i suoi studi a Sarajevo prima, poi a Lubjana e quindi a Graz (Austria). Nel 1967 riceve l’ordinazione Sacerdotale e si impegna in modo particolare nella pastorale giovanile. Assegnato alla Parrocchia di Posusye, riesce a coinvolgere tutti i circa 2000 giovani del paese nelle attività parrocchiali così che nessuno di essi si iscrive al partito comunista.
 La reazione del Partito è prevedibile: fanno forti pressioni sull’autorità ecclesiastica e il buon fra Jozo, prima che finisca l’anno ’80, è trasferito in una piccola parrocchietta “tra i monti”: Medjugorje. Ovviamente, i comunisti non possono immaginare che, così facendo, favoriscono i piani del Signore. Il prescelto, dopo avere avuto la prova dell’autenticità delle apparizioni, si pone accanto ai veggenti, assistendoli e difendendoli, fino all’agosto del 1981, quando viene chiamato a dare testimonianza della sua fede accettando il carcere, che altri aveva rifiutato.
  In 18 mesi di carcere duro, trascorsi tra vessazioni di ogni genere, accettate per amore della Croce e bevendo ogni goccia di quell’amaro calice, P. Jozo inizia il suo cammino di ascesi. Dopo un primo periodo di amarezze, trascorso nella solitudine assoluta, fra Jozo comincia a ricevere le visite della Gospa e di Gesù che, oltre a confortarlo, lo guidano, passo per passo, nel cammino della meditazione e così lui, con la luce sempre più forte dello Spirito Santo, può maggiormente elevarsi nella conoscenza dell’Amore. Le molte preghiere, unite alle inevitabili penitenze che, in quel luogo tormentoso, è uso compiere (e che lui offre con lo stesso amore di Cristo crocifisso) fanno sì che la Grazia penetri sempre più in lui, trasformandolo in quella “cetra spirituale” che canta le meraviglie del Signore “con voce di letizia”.
Non siamo in grado di conoscere tutti i carismi che lo Spirito gli ha affidato ma, con certezza, rileviamo l’ispirazione della sua parola, la profondità della sua capacità di confessore, la potenza della sua benedizione, il suo carisma di liberazione. Si parla anche di carisma di guarigione perché sembra che persone malate, per la sua preghiera, abbiano riacquistato la salute. Con certezza, per altro, possiamo affermare che moltissime persone, grazie alla preghiera allo Spirito Santo ed all’imposizione delle sue mani, hanno riacquistato la salute spirituale. Lo Spirito di Dio, entrando in esse, le ha portate a vivere una condizione estatica in cui l’anima entra in comunione perfetta con la Fonte della Grazia, del perdono, dell’amore.In questa condizione, il corpo si abbandona (pur conservando la piena sensibilità e la relazionalità con il mondo esterno) mentre l’anima, piena di gioia, dialoga con il suo Signore. Quando termina “l’estasi” (in genere, tra dieci minuti e mezz’ora), la persona si rialza completamente rinnovata: lacrime di gioia, spesso, rigano il suo volto, una grande pace alberga nel suo spirito, le ferite del suo cuore si sono rimarginate, un immenso amore per Dio e per il prossimo la pervade. Qualcuno afferma di avere sentito, durante la condizione estatica, parole come “toglierò da voi ilo cuore di pietra e vi darò un cuore di carne Vi farò rivivere e voi rivivrete sarete miei testimoni!”.Da quel momento la vita di quella persona cambia completamente e, da cristiano “spento” diventa un “uomo nuovo” pronto a rendere testimonianza della misericordia infinita di Dio e della beatitudine che si può provare quando si entra nella perfetta comunione con Lui. Qualche sacerdote ha paragonato questa benedizione ad una nuova effusione dello Spirito Santo (quasi, una novella Pentecoste). Varie persone hanno affermato di aver ricevuto, oltre ai doni di grazia spirituale, anche guarigioni da malattie fisiche.
Io stesso ho voluto sperimentare quella benedizione e posso testimoniare che gli effetti sono decisamente positivi per lo spirito di colui che la riceve. Il fatto che suscita perplessità in tanti è il fenomeno di questo “abbandonarsi” del corpo. Perché? Di tante ipotesi fatte, io ritengo che la più giuste sia questa: da sempre, la gente chiede “un segno”, alcuni per poter credere, altri per confermarsi nella fede. Anche la Chiesa, quando amministra i Sacramenti usa dei “segni” per aiutare la fede dei cristiani e, in questi tempi particolari, i segni possono diventare particolarmente necessari. Padre Jozo, però, non si mai lasciato inorgoglire da questi speciali talenti che lui mette a servizio dei fedeli in assoluta semplicità e in spirito di piena umiltà.
Liberato dal carcere, il nostro frate viene inviato a  Tikalina nel 1985 e vi rimane, come Parroco, fino al 1991. Il suo cuore, ora, è pieno di gioia:«La Madonna, adesso ha cambiato tutto: Le nostre famiglie, dopo cinquanta anni di Regime ateo, hanno potuto sentire in televisione, dalla voce di Giovanni Paolo II che Cristo è vivo, è risuscitato e, con queste parole il Papa ha unito questo mondo a Cristo. La Madonna, poi, a Medjugorje, ha insegnato che possiamo partecipare alla risurrezione del suo figlio se ci riconciliamo con Dio.Nell’agosto dello stesso anno Padre Jozo è trasferito nell’importante convento di Siroki Brijeg, dedicato alla Madonna Assunta, con l’incarico di padre guardiano. Come i lettori ricorderanno, quel convento è un luogo-simbolo di fede portata al martirio e, quindi, un luogo di Grazia, meta di molti pellegrinaggi.La fama di padre Jozo e del suo impegno al servizio della Regina della Pace ha varcato i confini del Paese, così la sua presenza è richiesta un po’ in tutti i paesi del mondo perché la sua testimonianza viva riesce a scuotere molte coscienze e la sua preghiera di intercessione riesce ad ottenere molte grazie. Ci risulta che P. Jozo Zovko, è stato perfino invitato a parlare, con successo, durante una seduta delle Nazioni Unite.

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