vescovo e dottore della Chiesa (354-430) 28 agosto
Agostino è
simbolo di perplessità e di sicurezza, di un
corpo inquieto e di una
mente indagatrice, con la sua
loquace parlantina ha infiammato numerosi cuori portandoli alla conversione e alla
fede attraverso la ragione.
Sant’Agostino è una delle grandi figure
della cultura occidentale, di fronte al cui pensiero e personalità molte
idee e individui si sono confrontati. Aveva una profonda abilità nel
conoscere e nel connettere impulsi, esperienze, letture, intuizioni
psicologiche, emozionali, sessuali, religiose, mistiche, filosofiche e
politiche in immagini e concetti potenti che hanno infiammato
innumerevoli altri spiriti e li hanno spinti ad adottarli, ad ampliarli
o a rigettarli in maniera costruttivi.
Agostino nacque a Tagaste, in
Algeria, quarantadue anni
dopo la conversione di Costantino e ventiquattro anni dopo che la sede
dell’impero era stata trasferita da Roma a Costantinopoli.
In quelle regioni stava nascendo una nuova cultura greco-cristiana.
L’antica cultura latina occidentale era indebolita dalle incursioni
barbariche, anche se in alcune zone stava riprendendo nuovo slancio
grazie agli apporti orientali. Le province africane, un tempo molto
floride e ricche, erano in declino, e
la potente Chiesa africana era attraversata da controversie e scissioni. Il padre di Agostino, Patrizio, era un
consigliere civico pagano (battezzato sul letto di morte, nel 371),
la madre, Monica, era una cristiana cattolica. Il padre insegnò ad Agostino ad amare i classici latini (la sua conoscenza del greco fu sempre limitata) e accese il suo
spirito patriottico.
VIDEO-STORIA
http://www.youtube.com/watch?v=Jg1uy85FWQ0
La madre fu la prima ispiratrice dei suoi ideali morali e della sua sensibilità e,
anche se molto più tardi, della sua accettazione della Chiesa come
autorità universale. Fu educato nella fede cristiana e fu registrato
come un
catecumeno, anche se non ricevette il battesimo; una pratica comune, in quell’epoca, infatti, riservava il battesimo agli adulti.
Agostino si recò a Cartagine verso la fine del 370 per diventare avvocato, e studiò retorica all’università dal
372 al 375. Pare che abbia imparato molto poco dai suoi insegnanti, ma
fu molto influenzato dalla lettura di Cicerone, in particolare da
Hortensius (di
cui oggi si conoscono solo il titolo e l’argomento), dalla sua disputa
intorno alla natura della felicità e del male e dalla sua
ricerca della verità.
Impiegò dieci anni per abbandonare (anche se in alcune opere
filosofiche sono rimasti) gli artifizi retorici che potevano ostacolare
sia l’urgente apertura della sua anima a Dio e agli uomini, sia
l’intensità profetica con la quale espresse le sue riflessioni per gli
altri. Lo stile latino che sviluppò non si basava su un ordine e un
equilibrio armonioso e prevedibile. Ben presto
abbandonò il progetto di diventare avvocato,
e per nove anni fu a capo di una scuola di grammatica e di retorica a Cartagine. Abbandonò la carriera accademica, socialmente prestigiosa, e
si concentrò piuttosto
sugli studi filosofici e teologici, studiando e insegnando. Agostino fu essenzialmente un
autodidatta.
In un primo momento fu vagamente interessato da Platone interpretato da Plotino, ma in seguito rimase
profondamente impressionato dal manicheismo e dalla interpretazione dualistica della natura delle cose (sommariamente descrivibile come una
divisione di tutto ciò che è nei regni opposti di luce e tenebre, bene e male).
La religione della forza della luce gli appariva immensamente superiore
al cristianesimo ortodosso con il suo banale uomo Dio, e dal 373 al
382
fu un sostenitore accanito della setta. Essa
includeva anche una fisica elaborata in modo accattivante che poteva comprendere molte delle scienze alle quali era interessato, dalla
psicologia all’
astrologia.
Nel 383 andò segretamente (all’insaputa della madre che glielo avrebbe impedito)
a Roma per aprire una scuola di retorica, ma si scontrò con l’usanza degli alunni di cambiare spesso maestri per frodarli delle rette. Agostino era anche un
giovane uomo estremamente sensuale,
attirato dai piaceri del sesso come dalla vitalità delle idee.
Per quindici anni visse con una donna nello stato semi tollerato del concubinato, che evitava un impegno per tutta la vita. Nel 372
ebbero un figlio, Adeodato (donato da Dio). Nel 384 andò
a Milano dove
venne nominato professore di retorica e oratore pubblico.
La sua delusione intellettuale ed emozionale decisiva nei confronti del
manicheismo avvenne nel 385 quando per caso iniziò a leggere le
traduzioni latine delle opere neoplatoniche di Plotino e Porfirio e
iniziò una nuova ricerca delle verità ultime.
Gli
appariva necessario ora accettare l’esistenza di Dio come condizione
indispensabile al pensiero, concepito come conoscenza razionale.
La madre lo raggiunse a Milano e, con la forza della sua ricchezza spirituale e
intellettuale, rinnovò la sua influenza sul figlio. Nel 385 Agostino
abbandonò la donna con cui aveva convissuto per
tutti quegli anni, la quale fece ritorno in Africa: la sua nuova
religiosità era più forte, così pareva, di ogni pensiero di
regolarizzare l’unione.
Il I vescovo di Milano Ambrogio (7 dic.)
gli fece intuire che era possibile e lecito interpretare la Bibbia allegoricamente, cosi da trovarsi in sintonia con le idee platoniche, che egli trovava sempre più affascinanti. Fu
grazie ad Ambrogio, che conosceva molto bene il greco, che probabilmente Agostino
acquisì molta della sua conoscenza della teologia orientale. La
Bibbia era il testimone necessario che metteva in grado Agostino di
unire i pensieri intimi della conoscenza e dell’esperienza:
amare Dio per la sua gloria, e gli uomini per la gloria di Dio. Era
impressionato dagli esempi di quei neoplatonici e, soprattutto,
di quei monaci egiziani che aveva incontrato a Milano, che
abbandonavano la vita mondana per
condurre una vita ascetica, seguendo Cristo uomo per raggiungere Cristo
Dio: «Cristo Dio è la dimora a cui aneliamo. Cristo uomo è la strada
che ci conduce a essa. Andiamo verso di lui per mezzo di lui. Perché
dovremmo aver paura di perderci?»
{Sermoni, 123, 3, 3).
SANT’ AGOSTINO – FICTION RAI
1a parte: http://www.youtube.com/watch?v=WgYSO4lJmr4&feature=related
2a parte:
http://www.youtube.com/watch?v=jqT4OT0MPcc
Nel settembre 386 Agostino
si ritirò in una casa di campagna a Cassiciacum,
vicino a Milano,
che l’amico Verecondo gli aveva prestata. La madre, il figlio
quindicenne (che morì poco dopo), il fratello Navigio e diversi altri
amici lo accompagnarono. Agostino
si dedicò alla preghiera e alla penitenza in preparazione alla sua nuova vita. Venne
battezzato a quasi trentatré anni da Ambrogio a Milano, la vigilia di Pasqua del 387.
Partì quasi subito
per Ostia, dove pare che abbia condiviso
con la madre la «visione di Ostia», un’esperienza quasi mistica, o
una forma di illuminazione sacra, già anticipata nelle «ascensioni della mente» prima della conversione a Milano.
Monica morì nell’autunno del 387,
e nel 388
Agostino fece ritorno in Nord Africa, dove condusse una
vita semi monastica con un gruppo di seguaci, nella sua casa di Tagaste: «
Non vi era niente di meglio e niente di più dolce che fissare il tesoro divino senza rumori e senza confusione »
{Miscellanea, 1).
Agostino iniziò a scrivere contro i manichei,
sottolineando l’origine divina della creazione e la libertà della
volontà umana. I suoi argomenti erano semi filosofici, e lo sarebbero
diventati sempre più negli anni, perché Agostino considerava la Bibbia
una forma particolare di rivelazione che sosteneva la fede, cioè la
comprensione della verità che i filosofi e la ragione non potevano
offrire. La fede in Cristo era una condizione necessaria per una corretta comprensione del mondo e del ruolo degli uomini in esso: «La
comprensione è la ricompensa della fede. Non tentare di comprendere per
arrivare a credere, ma abbi fede per arrivare a comprendere» (Il maestro 11, 37).
Fu
ordinato sacerdote nel porto di mare di Ippona Regia nel
391 e fu implicato contro il suo volere nelle controversie che
travagliavano la Chiesa dell’epoca. Parlò ad un concilio nel dicembre
393 e nel 395
divenne coadiutore del vescovo Valerio di Ippona, succedendogli l’anno seguente e conservando l’incarico
fino alla morte. Ora era il
rappresentante della Chiesa nordafricana. Conduceva un’
esistenza modesta e semplice e
sosteneva che il clero che viveva con lui dovesse rinunciare alle
proprietà, mangiare alla tavola comune e indossare abiti modesti. Gli
unici oggetti d’argento nella sua casa erano i cucchiai; i piatti erano
di legno o di coccio e il vino, presente ai pasti era attentamente
misurato.
Molti degli scritti importanti di Agostino, come i suoi sermoni sul Vangelo e Sulla Trinità, furono ispirati dalla sua continua lotta contro idee spesso ingannevoli,
che oggi potrebbero venire considerate meramente teologiche, ma che
all’epoca formavano un’unica cosa con tutti i diversi ambiti della vita e
del pensiero. Tra il 393 e il 412 fu impegnato in una controversia con i
donatisti e difese l’unicità e l’unità dell’istituzione universale, la
Chiesa, che considerava sue caratteristiche essenziali di origine
divina.
Non vi era salvezza al di fuori della Chiesa, i cui membri erano uniti dai sacramenti dell’unità derivati da Cristo stesso.
Era compito di Agostino e di tutti i pastori correggere i peccatori, gli eretici e gli scismatici per assicurare loro la salvezza.
L’imperatore Teodosio scrisse un editto contro gli eretici nel 392, e
negli scritti del 400 e del 408. Agostino sostenne l’intervento
legislativo dello stato contro gli eretici e contro quella che appariva
la giusta persecuzione di coloro che si erano allontanati dalla Chiesa.
Sarebbe
diventato una delle autorità maggiori per sostenere la successiva concezione dello stato come braccio esecutivo della Chiesa. La
conversione forzata in questa vita era meglio della dannazione in
quella futura. Sarebbe sbagliato, tuttavia, pensare che Agostino fosse
un pastore essenzialmente teorico e, in ambito pratico, incline alla
condanna. Era un
vescovo attivo e premuroso in un’epoca di guerre e invasioni terribili, di conflitti sociali, e di scontri di interessi politici e materiali che colpivano e sconvolgevano la vita dei ricchi e dei poveri, delle città e degli imperi. In
un’epoca molto simile alla nostra, Agostino
si prodigava per i poveri e i più sfortunati,
si preoccupava che i beni della Chiesa venissero amministrati e utilizzati correttamente,
che le tasse civili ed ecclesiastiche fossero imposte equamente e si
faceva coinvolgere nelle situazioni nelle quali si doveva fare
riferimento all’ordine divino. Raccoglieva in chiesa offerte per coloro
che erano caduti in miseria ed insisteva affinché i fedeli procurassero
una volta all’anno dei vestiti per i poveri di ogni parrocchia, e
non esitava a contrarre debiti consistenti per la gente povera. Possidio narra che a volte fondeva dei vasi sacri per riscattare i prigionieri.
Santa Monica descritta dal figlio
(Libro nono, da Le Confessioni di Sant’Agostino)
Fondò una comunità di donne religiose alla quale, alla morte
della sorella, la prima “badessa”, inviò una lettera sui princìpi
ascetici generali della vita religiosa. Questa lettera, insieme a due
sermoni sullo stesso argomento, formano
la Regola di S. Agostino, che
è alla base delle regole di molti ordini di canonici regolari, frati e suore. Giorno dopo giorno,
acuto, ingegnoso, arguto, cordiale, ma anche colto, profondo e appassionato,
tanto da riuscire a condurre una città intera alle lacrime, scomponeva e
ricomponeva i testi ostici per fare comprendere ai suoi ascoltatori
l’ordine infinito delle cose e predicava o commentava pubblicamente il
Vangelo e i Salmi.
Era il
consigliere spirituale di molte persone,
da amici intimi ad autorità locali. Invitava spesso a mangiare con lui
dei pagani, ma mai cristiani dichiaratamente peccatori.
Era fedele
alle tre regole di Ambrogio: mai fare a gara con chi commette degli
errori; mai persuadere qualcuno a fare il soldato; e mai andare a cena
fuori nella tua città in caso tu abbia ricevuto molti inviti. Verso il 397 la sua saggezza confluì negli scritti delle
Confessioni, che divennero non solo la
testimonianza di numerosi anni di
autoanalisi, ma anche
la drammatica indagine sulla natura delle motivazioni e delle potenzialità umane, del bisogno di perfezione e di compimento e della sua inevitabile infattibilità.
Il 24 agosto 410 Alarico, re dei visigoti, assediò Roma. I
pagani pensavano che l’adesione alla nuova religione avesse fatto
adirare gli dèi e attirato la disgrazia sull’impero. Agostino scrisse La città di Dio (411-426), sulle due società ideali, Gerusalemme e Babilonia,
la città eterna di Dio e l’impero pagano di questo mondo, i cui
cittadini erano orientati verso Cristo o verso il diavolo. La caduta di
Roma era un evento prestabilito nel progetto divino per la razza umana.
Nel 369 Agostino rispose a una serie di domande poste da un vecchio amico, il futuro vescovo di Milano, definendo in questo modo la sua posizione riguardo al problema del male, cioè che la libertà umana era insufficiente alla salvezza senza la grazia divina.
Agostino stesso aveva combattuto la dura battaglia tra la ostinata
volontà umana e la grazia di Dio, che alla fine aveva prevalso. La
grazia era necessaria per contrastare la tendenza peccatrice dell’uomo e
la libertà umana non era un ideale meraviglioso ma una grande illusione. Le pericolose conseguenze dell’abitudine erano la dimostrazione della mancanza di libertà più che di libero arbitrio. La
sua concezione della predestinazione e i suoi giudizi sul sesso furono
tenuti in grande considerazione nei secoli della storia cristiana, anche
se sicuramente furono la causa di crudeltà fisiche e mentali oggi
ritenute ingiustificabili.
Negli ultimi cent’anni quella che appare come l’intensa enfasi di Agostino a questo riguardo
è stata criticata, modificata, o rigettata totalmente da tutte le
principali Chiese cristiane e sarebbe difficile trovare un teologo
moderno che condivida il giudizio secondo il quale un bambino non
battezzato è dannato in eterno o un rapporto sessuale, anche all’interno
del matrimonio, è in un certo senso colpevole se non ha esplicitamente
il fine di procreare. D’altra parte, la convinzione che le donne non
siano adatte per la loro natura al sacerdozio, è ancora diffusa nelle
Chiese cristiane. Verso la fine della vita di Agostino, Galla Placidia,
reggente dell’impero, divenne a torto sospettosa nei confronti del conte
Bonifacio, che era stato generale imperiale in Africa.
Bonifacio spinse Genserico, re dei vandali, a invadere le province
africane. Agostino scrisse a Bonifacio per ricordargli i suoi doveri,
ma quando Bonifacio fece un tentativo di riconciliazione, era oramai
troppo tardi per fermare l’invasione. Ci furono
massacri, saccheggi, molte
città vennero
distrutte, le
chiese bruciate e il clero venne
ridotto in miseria.
Agostino morì nel 430 durante l’assedio dei vandali durato quattordici mesi alla città di Ippona,
gremita non solo da rifugiati, tra cui Bonifacio, ma anche da
lavoratori agricoli i cui canti Agostino aveva celebrato come segno di
pace e concordia finalmente ritrovate: «
Mietendo,
raccogliendo l’uva e in ogni lavoro a cui si dedicano, essi iniziano a
mostrare la loro letizia con le parole, ma ben presto diventano talmente
gioiosi da abbandonare le sillabe ed elevare un canto di gioia senza
parole»
{Sui Salmi il, 8).
Agostino era una persona di
grande integrità e profondità. Tuttavia queste virtù a volte lo imprigionavano in un
arido e rigido legalismo, anche se allo stesso tempo lo rendevano
capace di affrontare ogni nuovo violento assalto allo spirito e alla comunità degli uomini: «
Se
non vi è giustizia, che cosa è un regno se non una massa di
delinquenti? E che cosa è una banda di delinquenti se non un regno più
piccolo?» (
Città di Dio 2, 21).
Il pensiero di Agostino fu sempre connesso agli eventi della sua vita; infatti
ogni suo progresso può essere ascritto a un’esperienza personale decisiva. Il suo confrontarsi con una serie di problemi produsse dei cambiamenti decisivi nel pensiero dell’antichità classica.
Anche lo sviluppo della psicologia introspettiva e analitica, o “profonda”, avvenuto all’inizio del XX secolo,
deve molto alla tradizione letteraria dell’osservazione del comportamento umano e soprattutto del rapporto tra le battaglie interiori della mente e delle emozioni e le azioni esteriori,
di cui Agostino fu l’iniziatore: «
Se
non vuoi avere paura, metti alla prova il tuo io più profondo. Non
toccarne solo la superficie ma vai in fondo al tuo essere e raggiungi
gli angoli più reconditi del tuo cuore» (Sermoni }48, 2).
Newman non fu né il primo né l’ultimo ad affermare che «
anche
in una semplice frase, le parole di S. Agostino mi hanno colpito con un
potere che non ho mai sentito in nessun’altra parola prima d’ora». Un secolo più tardi,
Ludwig Wittgenstein, forse il
filosofo più tormentate e intransigente dei nostri tempi,
iniziò le sue Ricerche Filosofiche con una citazione dalle Confessioni perché «
il concetto deve essere importante se una mente così eccelsa lo ha custodito».
È INVOCATO: – contro tosse e animali nocivi – come protettore di teologi e tipografi
FONTE:
Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler
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