Santa Genoveffa di Parigi
Secondo l’antica biografia, Genoveffa, santa patrona di Parigi, si consacrò a Dio a sette anni, quando S. Germano di Auxerre (31 lug.), nel corso di un viaggio in Britannia volto a contrastare il diffondersi del pelagianesimo, riconobbe la futura santità della giovinetta e in una veglia notturna pose la sua mano sulla testa di lei. Probabilmente discendeva da una ricca famiglia gallo-romana e fu presentata al vescovo di Parigi per ricevere il velo delle vergini consacrate all’età di quindici anni. Visse con i suoi genitori a Nanterre, pochi chilometri a nord ovest di Parigi (attualmente nei sobborghi), fino alla loro morte. In seguito andò a vivere con la nonna a Parigi, facendo opere di carità lì e in altre città (tra cui Meaux, Tours e Orléans).
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Benché la sua fama di taumaturga si fosse diffusa, per ragioni mai chiarite essa incontrò ostilità enormi: si può forse pensare che si sia alienata la simpatia della propria classe sociale a causa dei digiuni che faceva per identificarsi con i poveri, o per la distribuzione di cibo ai diseredati (i mercanti non amano concorrenti che donano ciò che essi possono vendere). Ancora, i suoi modi potevano risultare troppo entusiastici e fuori misura.Genoveffa guidò una spedizione fluviale sulla Senna fino alla città di Troyes alla ricerca di cibo e ritornò trionfalmente con un gran carico di grano: il fatto, se realmente accaduto, darebbe sostegno all’ipotesi che la sua famiglia appartenesse alla classe dei mercanti, ed ella conoscesse la navigazione della Senna come rotta commerciale.
Anche Clodoveo, re dei Franchi dal 481 al 511 e fondatore della dinastia merovingia, ascoltò i suoi consigli: su sua richiesta liberò prigionieri e divenne egli stesso cristiano nei 496. Aveva sposato Clotilde, principessa burgunda di religione cattolica, anch’essa venerata come santa (3 giu.), la quale fu corresponsabile della sua conversione, avvenuta al termine di una battaglia contro gli Alemanni, durante la quale aveva invocato il soccorso di quel Gesù nel quale sua moglie credeva. Vinse la battaglia e si fece battezzare. Prima di morire, nel 511, convocò il primo sinodo nazionale, il concilio d’Orléans, del territorio che doveva poi diventare il Regnum Francorum.
Si racconta che abbia avviato la costruzione della chiesa dei SS. Pietro e Paolo su suggerimento della santa: ella vi fu poi sepolta e la fama dei miracoli a lei attribuiti fece sì che la sua tomba fosse meta di pellegrinaggi da tutta la Francia, e la chiesa divenisse nota con il titolo di Santa Genoveffa. Per inciso va notato che il culto di S. Pietro – in particolare – fu spesso eclissato nel tardo periodo merovingio dalla venerazione per i resti mortali dei santi sepolti nella chiesa; questi corpi di santi assicuravano reliquie di “prima classe”, cioè veri frammenti del corpo, mentre tutto ciò che si poteva ottenere dalle tombe degli Apostoli a Roma era di “seconda classe”, consistendo in ritagli di abiti messi a contatto con le tombe degli Apostoli.
Il più grande miracolo attribuito all’intercessione di Santa Genoveffa avvenne nel 1129, durante un’epidemia di ergotismo, “febbre bruciante” o “fuoco sacro”, come era chiamata nel Medio Evo l’infezione che percorse la Francia e la Britannia nel XII e XIII secolo, e la cui causa era legata al consumo di pane di segala infettato da un fungo di color viola scuro (il nome popolare deriva dalla sensazione di un fuoco che divora internamente, provocando convulsioni e cancrene mortali). Né medici, né preghiere, né digiuni parevano alleviare l’epidemia, finché fu portata in processione solenne fino alla cattedrale l’urna contenente le ossa di Santa Genoveffa. Da un punto di vista razionale si potrebbe spiegare l’accaduto supponendo che malgrado il crescere del panico tra la popolazione l’epidemia stesse di fatto scemando (la paura si diffonde più rapidamente del pericolo reale, e la processione servì per calmare il panico).
Fonti: Il primo grande libro dei Santi di Alban Butler
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