Maria Rosa Giulia Billiart nacque a Cuvilly in Piccardia nel 1751, da genitori piuttosto benestanti che gestivano un piccolo negozio e coltivavano la terra. Nel 1767 la famiglia perse le proprie ricchezze e Giulia dovette farsi carico di pesanti lavori manuali per contribuire al sostentamento della famiglia. Era già stata notata per il suo fervore dal parroco, che le aveva permesso di ricevere la prima comunione a soli nove anni e di fare un voto privato di verginità a quattordici; aveva poi iniziato a insegnare catechismo ai bambini più piccoli e agli agricoltori della parrocchia, e a visitare gli ammalati, mantenendo gli impegni anche quando ebbe un lavoro stabile. Poco più che ventenne, la sua vita cambiò improvvisamente quando qualcuno tentò di ferire o di uccidere suo padre: l’uomo era seduto in casa con la figlia quando uno sparo attraversò la finestra. Giulia Billiart si spaventò a tal punto da subire una paralisi nervosa che gradualmente le impedì di camminare e le causò dolori terribili. Le cure la fecero solo peggiorare e, intorno ai trent’anni, era completamente invalida e incapace di stare in piedi.
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Quando cessò il regime del Terrore, Giulia Billiart si trasferì ad Amiens, dove fece conoscenza con una giovane devota e ben istruita, Francesca Blin de Bourdon, viscontessa di Gézaincourt, destinata a diventare, da quel momento in avanti, sua fedele compagna, co-fondatrice del nuovo istituto e sua prima biografa. Una nuova persecuzione le fece trasferire a Bettencourt, dove ripresero però l’insegnamento del catechismo agli abitanti del paese e dove incontrarono padre Giuseppe Varin. Egli fu un loro appassionato sostenitore, convinto che Giulia Billiart fosse stata chiamata da Dio a compiere qualcosa di grande per la Chiesa; sotto la sua guida, tornate ad Amiens, fondarono nel 1803 la congregazione conosciuta con il nome di suore di Nostra Signora di Namur, dedicata all’educazione cristiana, all’istruzione dei poveri e alla formazione degli insegnanti.
A Giulia Billiart e Francesca Blin si unirono altre due o tre persone; Varin fornì loro una regola provvisoria e le prime sorelle pronunciarono i voti religiosi nel 1804, anno in cui Giulia guarì anche dalla malattia che la aveva resa invalida per tanto tempo. Era in corso una
«Madre, se avete fede, fate un passo in onore del Sacro Cuore».
Erano passati ventidue anni da quando si era immobilizzata, e quel giorno riuscì per la prima volta a camminare. Tanti furono gli istituti e le congregazioni femminili fondati nel XIX secolo che è facile dimenticare gli elementi innovativi nell’opera di Giulia Billiart. Abbandonò la divisione abituale tra suore consacrate e secolari, lasciando le suore libere di uscire dal convento e lavorare nelle scuole, eliminando perciò la clausura. La forma principale di autodisciplina stava nella preparazione coscienziosa delle lezioni e nel duro lavoro in classe.
Giulia, cosciente della difficoltà di conciliare la vita contemplativa con quella pratica, scrisse:
«La nostra è una delle vocazioni più difficili, perché dobbiamo vivere una vita interiore in mezzo a un lavoro esterno. Ma se andasse perduta la vita interiore, la nostra congregazione non durerebbe, oppure, se sopravvivesse, sarebbe solo una vita esteriore caratterizzata dalla piatta abitudine [ . . . ] ».
L’istruzione formale di Giulia Billiart era stata limitata e lei fece sempre riferimento con disprezzo alla propria ignoranza; le altre sue qualità compensavano comunque ampiamente la scarsa formazione scolastica e la sua opera permase «perché era la creazione di una donna sagace, una guida per natura, che univa la capacità di sostenere impegni enormi alla tranquillità del riposo interiore» (Linscott).
L’espansione dell’attività dell’istituto non fu scevra da difficoltà. Varin fu sostituito come cappellano da un sacerdote meno comprensivo, intenzionato a interferire con la regola, e che, quando fu contrastato da Giulia e Francesca, mise loro contro il vescovo d’Amiens. Alla fine la comunità abbandonò la città e trasferì la casa madre a Namur, da cui il nome di Sorelle di Notte Dame di Namur. Vi furono tentativi di staccare alcune delle sorelle da
Scrisse: «Non siete qui solo per insegnare ai bambini la scienza, la letteratura, le attività pratiche. Queste non sono le cose essenziali del nostro lavoro. Ciò che importa è la cura delle anime [...] mettere i bambini sulla via della salvezza»; e ancora: «lo scopo che ci prefiggiamo nell’insegnamento è la formazione di buoni cristiani che sappiano gestire la propria casa, la propria famiglia e i propri affari».
Allo stesso tempo non la soddisfaceva infondere semplicemente la dottrina e la pratica abitudinaria delle devozioni, poiché voleva educare «il bambino intero: cuore, mani e testa» e svilupparne i propri doni naturali. Questo sviluppo veniva aiutato insegnando a pensare con la propria intelligenza, poiché era contraria all’apprendimento mnemonico:
«Dovete insegnare loro a pensare. Se memorizzano e ripetono solamente, non capiranno mai cosa stanno facendo».
È importante non interpretare queste idee in senso troppo moderno; era infatti anche molto chiara su ciò che doveva essere insegnato ai bambini: catechismo, lettura, scrittura e aritmetica, canto e cucito, una forma semplice di educazione fisica e, come hobby, il giardinaggio.
«Possa Gesù Cristo vivere in noi e possa io vivere per null’altro che il suo puro e santo amore. Possa quest’amore consumarmi in ogni istante della mia vita così che io possa diventare una vittima dell’amore. Sia lodato Gesù Cristo, sia lodata Maria!».
Alla fine del XIX secolo le suore di Notte Dame si erano diffuse negli Stari Uniti, Gran Bretagna, Guatemala, Repubblica Democratica del Congo e Zimbawe. Nel XX secolo avevano raggiunto Giappone, Cina, Brasile, Perù, Nigeria e Kenya, a testimonianza della verità delle parole di Giulia: «Non si può essere nostalgici del passato e non si può essere ansiosi per il futuro, lo ripeto, per il futuro». Giulia Billiart si ammalò nel gennaio 1816 e morì l’8 aprile. Le sue spoglie furono traslate nel 1882, fu beatificata nel 1906 e canonizzata nel 1969.
Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler
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