Nel 1940 la Santa Sede autorizzò un calendario liturgico per i cristiani cattolici in comunione con Roma, che includeva le feste di circa trenta santi russi, ventuno dei quali mai comparsi in un calendario latino, uomini di solitudine, che contribuirono a far respirare una nuova aria in Russia dopo le invasioni dei tartari nel XIII secolo, che avevano distrutto la cultura urbana nel meridione, indebolito i monasteri e lasciato il popolo demoralizzato e in disgrazia.
E’ il santo russo più popolare, ed è menzionato durante la preparazione degli oggetti sacri nella liturgia ortodossa russa. Il popolo era attratto da lui e lo cercava per la presenza in lui dello Spirito Santo, che ardeva con un calore speciale, come modo di fissare tutta la sua attenzione sul suo interlocutore.
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Dopo non molto tempo, Istvan, dopo essersi accorto che probabilmente la vita d’eremita non era ciò che desiderava, entrò in un monastero a Mosca, mentre Bartolomeo restò a vivere nell’eremo, e per un breve periodo, non si seppe più nulla di lui. Il suo biografo parla di tentazioni demoniache, di notti trascorse in preghiera, della minaccia delle bestie feroci, e di altri fenomeni che ricordano i Padri del Deserto, con un’ovvia differenza: Sergio, che aveva ricevuto l’abito e il nome religioso da Metrofano di Khotkhovo, probabilmente nell’ottobre 1337, non dovette affrontare le condizioni del deserto egiziano, ma quelle di un ambiente difficile caratterizzato principalmente da vento, pioggia e freddo.
Inevitabilmente, quando si diffuse la fama di Sergio, cominciarono a raccogliersi intorno a lui dei discepoli, che si costruivano ognuno la sua capanna, dando così origine al monastero della SS. Trinità: quando vi furono dodici membri, Sergio accettò di essere il loro abate e ricevette l’ordinazione sacerdotale a Pereyaslav Zalesky.
“Pregate per me,” disse loro “Sono talmente ignorante, e ho ricevuto un talento dall’alto di cui dover rendere conto, oltre al gregge che mi è stato affidato“. Con l’aumento del numero dei monaci, si cominciò a discutere che forma di vita monastica avrebbe condotto il monastero della SS. Trinità. In oriente esistevano due correnti: quella eremitica e “idioritmica“, in base a cui ogni monaco possedeva la sua cella distinta sul suo lotto di terra ed era interamente responsabile della propria vita spirituale, e quella cenobitica, che prevedeva che la vita dei monaci fosse comunitaria.
Sergio preferì seguire la seconda, per motivi pratici oltre che religiosi. Il monastero aveva attratto molti contadini, e poiché presto si sviluppò una città, le provviste alimentari erano diventate scarse. Nel 1354, incoraggiato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, Sergio indirizzò il monastero definitivamente in quest’ultima direzione, scegliendo di osservare la Regola di S. Teodoro Studita (11 nov).
I biografi di San Sergio di Radonez parlano dei suoi “diversi miracoli incomprensibili” e di una visione della Madre di Dio, la prima annotata dall’agiografia russa, ma danno poche informazioni sui fenomeni estatici e altri stati soprannaturali insoliti. Sotto alcuni aspetti, deve essere sembrato una persona piuttosto normale: era appassionato e abile nel campo della carpenteria e del giardinaggio e, anche se non si opponeva per niente all’attività intellettuale, pensava che il lavoro manuale fosse necessario a creare l’equilibrio dell’individuo. Non era certamente erudito e la sua predicazione non era particolarmente eloquente, e sebbene qualcuno sostenesse di essere stato guarito dalle sue preghiere, non era un “guaritore”. Il popolo era attratto da lui e lo cercava per qualcos’altro: per la presenza in lui dello Spirito Santo, che ardeva con un calore speciale, come modo di fissare tutta la sua attenzione sul suo interlocutore.
Nell’aprile del 1392, sentendo prossima la fine, Sergio rinunciò la carica d’Abate e nominò un successore, poi si ammalò per la prima volta nella sua vita. Circondato dai confratelli, ricevette gli ultimi sacramenti e morì in pace il 25 settembre. Fu seppellito nella chiesa principale del monastero ( ora attrazione caratteristica della città Sergievo Posad, precedentemente chiamata Zagorsk), che divenne importante nella storia della Russia, poiché vi fu battezzato l’erede dello zar, e che, subito dopo la morte di Sergio, diventò meta di pellegrinaggio popolare fino ai giorni nostri.
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