lunedì 25 marzo 2013

Santa Margherita Clitherow



martire (1586) 
Santa Margherita Clitherow
Non so davvero chi sia in grado di trattenere le lacrime leggendo il racconto di questa donna che ricorda tanto le più famose figure femminili della Bibbia per la semplicità della sua vita, ma allo stesso tempo, la fermezza, la fede, e il servizio in famiglia come fuori.
Margherita nacque verso il 1553, una dei quattro figli di Giovanna e Tommaso Middleton, cittadini protestanti di York. Tommaso, un candelaio, era benestante e ricoprì cariche amministrative, compresa quella di sceriffo dal 1564 al 1565, poco prima della sua morte. Margherita venne probabilmente educata in casa, dal momento che il monastero di S. Clemente, l’unico che avrebbe potuto fornire un’educazione alle giovani di York e dei dintorni, era stato soppresso nel 1536, e fu istruita principalmente nelle faccende domestiche. Avrebbe dimostrato solo in seguito di possedere un’intelligenza pronta e vivace.
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Nel 1567, poco dopo la morte di Tommaso, la vedova sposò Enrico May, un uomo di poca importanza che non viene descritto dal biografo di Margherita. Sarebbe diventato sindaco di York e avrebbe avuto parte nella storia del martirio. Margherita, che aveva quattordici anni quando egli entrò in famiglia e pare aver nutrito per lui un affetto sinceroquattro anni dopo si sposò. Suo marito, Giovanni Clitherow, era cittadino benestante e probabilmente molto più vecchio, un allevatore di bestiame e un macellaio con un negozio ben avviato e un buon giro d’affari a Shambles, il quartiere dei macellai, che ha conservato il suo carattere medievale fino ad oggi. Come per il padre di Margherita, la sua ricchezza lo aveva portato a occupare posti importanti nella città, riservati allora ai protestanti. Durante gli anni precedenti il matrimonio venne eletto responsabile dei ponti e nel 1572 ciambellano. Qualsiasi fossero le sue opinioni private, la sua posizione religiosa era chiara: si era conformato alle pretese dello stato e beneficiava di questa conformitàSuo fratello Guglielmo, che era cattolico, venne ordinato nel 1582 e divenne certosino. Sposando una protestante, Giovanni intendeva sottolineare la sua posizione. Tuttavia, anche se era un opportunista, non era un intollerante e in seguito avrebbe chiuso un occhio sull’appartenenza cattolica della moglie, pagando le multe per le sue assenze ai servizi religiosi protestanti senza battere ciglio e rimanendo gentile e comprensivo durante la loro vita matrimoniale.
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Erano sposati da circa tre anni quando Margherita si convertì al cattolicesimo. Probabilmente il cognato, Guglielmo, esercitò una certa influenza (Margherita avrebbe in seguito chiamato uno dei suoi figli Guglielmo in suo onore) ma il suo biografo, Giovanni Mush, dice semplicemente che «non trovando alcuna sostanza, verità o conforto cristiano nei ministri del nuovo culto e nemmeno nella loro dottrina, e udendo anche molti preti e laici soffrire per la caduta dell’antica confessione cattolica», fu portata ad abbracciare la vecchia fede.
All’epoca la testimonianza più decisa della fede cattolica era venuta da Tommaso Percy, conte di Northumbria, che nel 1569 guidò le sommosse nel nord e venne giustiziato nel 1572. Questo martirio ebbe più effetto su di lei di quanto possano rivelare le poche parole di Giovanni Mush:
Margherita iniziò a desiderare il martirio e volle visitare Knavesmire, la prigione della città corrispondente al Tyburn di York, dove erano stati rinchiusi cinque “preti del seminario”, che vennero giustiziati nel 1582-1583, tra cui anche il suo confessore, Guglielmo Hart; ella si fermò là a pregare tutta la notte, fino a quando i suoi compagni glielo permisero. Il suo direttore spirituale osservò:
«Con lei bisognava usare il freno più che lo sprone».
Per Margherita partecipare alla Messa era una delle gioie maggiori. Fece di casa sua un centro per la celebrazione della Messa e ne organizzò un altro in una locanda vicina: quando era troppo pericoloso celebrare la Messa in casa, si andava nella locanda, benché non fosse possibile andarvi tutti i giorni. Sapeva che stava correndo dei grossi rischi:
«Non ho paura di servire il Signore e di fare il bene. Questo è un periodo di prova e di guerra per la Chiesa di Dio e perciò non posso compiere il mio dovere senza andare incontro a dei pericoli, ma con la grazia del Signore non ne rimarrò schiacciata. Finché i sacerdoti si attentano ad avventurarsi fino a casa mia, non li rifiuterò mai».
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Richiese i servizi di un giovane uomo che era stato imprigionato nel castello di York per educare i suoi figli nella fede. Probabilmente ella lo aveva conosciuto là, perché era solita fare visita ai prigionieri e aiutarli per quanto le era possibile, spiritualmente e materialmente. Ella stessa conosceva i pericoli della prigione perché vi era stata rinchiusa per tre volteuna volta per diciotto mesi, per non aver partecipato ai servizi protestanti. Il suo biografo elenca le conseguenze del suo rifiuto:
« Fu perseguitata, e imparò la pazienza; la chiusero in una prigione, ed ella imparò a dimenticare e a disprezzare il mondo; la separarono da casa sua, dal marito e dai figli, ed ella si avvicinò sempre di più a Dio; cercarono di spaventarla, ed ella aumentò la sua forza e la sua costanza, tanto che la sua gioia più grande divenne essere perseguitata da loro».
Per Margherita la prigione era un’occasione per avvicinarsi a Dio con la preghiera e la penitenza ed era anche  un’opportunità per leggere. Imparò il piccolo ufficio di Maria in latino a memoria e lesse i Vangeli, l’Imitazione di Cristo e gli Esercizi di Perrin. Non solo i cattolici ma molti altri erano attratti da lei per la sua simpatia e l’aspetto piacevole, l’allegria e bontà. I suoi servitori, con i quali sapeva anche essere severa, non l’avrebbero cambiata mai, mentre i suoi amici non cattolici la difendevano dai pericoli. Suo marito, più di tutti, ne riconosceva la rettitudine, la purezza e l’attaccamento a lui e ai figli. Poteva accusarla solo di due cosedigiunava troppo e non andava alla chiesa protestante con lui. Margherita, da parte sua, poteva solo rimpiangere di non essere riuscita a condurre alla fede il marito.
Essa non lo tradì mai e lo amò sempre colma di gratitudine per la libertà che le concedeva. Scherzosamente, ma forse con un fondo di verità, diceva riferendosi a lui:
«Ha troppo, e non può sollevare la testa verso Dio per il peso dei suoi beni».
Non è chiaro quale fu il ruolo di Giovanni Clitherow, se ne ebbe uno, nella partenza del figlio Guglielmo per il continente per completare la sua educazione. Margherita potrebbe aver mandato il ragazzo senza il consenso del padre, pensando che escludendolo dalla decisione egli non avrebbe potuto essere ritenuto responsabile e incorrere nelle punizioni previste dalla legge. Solo lei sarebbe incorsa in esse, e infatti fu questa la causa del suo
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arresto. All’inizio fu condannata agli arresti domiciliari. Quando il concilio del Nord eresse un tribunale a York, Giovanni Clitherow fu chiamato a presentarsi il 10 marzo 1586: era un tranello per allontanarlo da casa e poterla perquisire. In casa vi era un prete, che venne nascosto  nella casa accanto di cui la sua stanza faceva parte, e non fu trovato nulla, fino a che gli ufficiali raggiunsero l’aula di lezione. In quel momento si stava svolgendo una lezione e il professore venne scambiato per un prete. Riuscì a convincerli che non era vero, ma il sospetto rimase. Uno dei bambini, mezzo fiammingo e mezzo inglese di undici anni che stava con la famiglia, fu considerato il più impressionabile, fu preso da parte e fatto spogliare sotto minaccia di frustate. Il bambino, terrorizzato, rivelò quello che gli ufficiali volevano saperesi dicevano Messe nella casa e poteva mostrare loro l’ingresso per la stanza del prete. Il prete non fu trovato, ma furono trovati il messale, gli abiti e i vasi sacri. Il bambino indicò anche quelli che partecipavano alla Messa.
Margherita fu arrestata e portata prima davanti al concilio e poi nella prigione del castello; Giovanni Clitherow rimase in prigione per un po’ di tempo, ma non vi era l’intenzione di processarlo; la figlia Anna fu posta sotto la tutela della corte. Rassicurata riguardo alla sua famiglia, il forte spirito di Margherita prese il sopravvento e, a parte alcune ore di angoscia, non si fece mai prendere  all’abbattimento. Fu messa in cella con la sua amica Anna Tesh, identificata dal bambino come una di quelle che partecipavano alle Messe, e le due scherzavano e ridevano insieme così tanto che Margherita disse:
«Siamo così felici insieme che temo, se non saremo separate, di perdere i meriti della nostra detenzione!».
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Margherita comparve, tranquilla e sorridente, davanti a due giudici, Mr Clinche e Mr Rhodes, il 14 marzo, non più accusata di aver mandato il figlio a studiare all’estero, ma con l’accusa ben più grave di aver ospitato e mantenuto dei preti e di aver partecipato alle loro Messe. Non si dichiarò colpevole e disse semplicemente:
«Non ho nessuna colpa da confessare».
Seguirono lunghe dispute perché i giudici volevano istituire un processo, mentre ella lo rifiutava. A lungo la rassicurarono che sarebbe stata trattata con indulgenza, poiché la testimonianza di un bambino di undici anni non era sufficiente per incriminarla, ma ella non si faceva illusioni. Il concilio aveva già deciso la sua morte e l’avrebbe messa in atto con qualsiasi mezzo in suo possesso; ciò che Margherita voleva assolutamente evitare era un processo nel quale i suoi figli e i suoi servitori fossero costretti a testimoniare a suo favore o contro. Nel primo caso li avrebbero costretti a giurare il falso, nel secondo avrebbero dovuto convivere con il pensiero che essi avevano contribuito alla sua morte.
Pochi avevano compreso i suoi motivi, ed essa stessa li spiegò chiaramente solo dopo che fupronunciato il verdetto:
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«Se mi fossi rimessa al volere dello stato (cioè di una giuria), dovevano essere portate delle prove contro di me, che nessun altro poteva fornire se non i miei figli e i miei servitori. E sarebbe stato penoso per me più della morte se avessi visto uno di loro accusarmi. Secondariamente, sapevo bene che la corte avrebbe dovuto condannarmi per fare piacere al concilio, che voleva il mio sangue: il loro coinvolgimento non era quindi necessario per la mia morte».

Margherita fu condannata a morire sotto la pressa. Accettò il verdetto serenamente. Ancora una volta le fu chiesto di riflettere, ma essa rispose:
«Dio sia ringraziato, tutto ciò che egli mi manda io lo accolgo. Non sono degna di una così bella morte».
Giovanni pianse all’udire la condanna. La sua ricchezza gli parve ben poca cosa: «Che prendano tutto quello che possiedo, ma che la salvino, perché è la migliore moglie di tutta l’Inghilterra e la migliore cattolica». Gli fu intimato di lasciare York, mentre essa venne rinchiusa in una prigione privata nell’Ousebridge.
Diverse persone le fecero visita tentando di scuotere la sua tenacia, tra cui anche il suo patrigno, Enrico May, che all’epoca era sindaco di York e secondo alcuni complice nell’arresto della sua figliastra. Vedendo che non riusciva a dissuaderla, chiese di potersi occupare della nipote, Anna, ma essa non acconsentì. Non le permisero di vedere i suoi figli, e solo una volta potè incontrare il marito, alla presenza del carceriere. Poiché sapeva che i condannati a morte venivano spogliati, si cucì un paio di mutande di lino nella speranza di poterle tenere.
Le comunicarono la data dell’esecuzione due giorni prima e per la prima volta fu sopraffatta dall’angoscia, che scomparve non appena si mise a pregare per avere forza.


 Trascorse la sua ultima notte in preghiera e il mattino del 25 marzo. Venerdì Santo, alle otto, lo sceriffo andò a prenderla per condurla al patibolo distante poche miglia dalla prigione. Si era già radunata una grande folla, che rimase stupita dalla sua espressione raggianteMentre camminava distribuì elemosine, con disappunto dello sceriffo.
«Andiamo, signora Clitherow», le diceva. «Buon sceriffo» rispondeva allegramente «lasciatemi donare le mie povere cose prima di morire, perché la mia ora è vicina.»
Arrivati al patibolo, Margherita si inginocchiò a pregare e quando i ministri e gli ufficiali le proposero di pregare con loro ella rifiutò. Quando le ordinarono di pregare per la regina, essa compose una litania personale: dopo aver pregato per il papa, i cardinali, il clero, i principi cristiani, alla fine ricordò anche la sovrana. Lo sceriffo le intimò: «Devi ricordare e confessare che muori per tradimento», ma essa gridò forte: «No, no, sceriffo, io muoio per amore di Gesù, il mio Signore!». Fu spogliata da alcune donne, che le fecero indossare il capo di biancheria che aveva preparato. Le fu messa una pietra affilata dietro la schiena e le furono tirate le braccia così che il suo corpo formò una croce. Una porta molto pesante fu quindi collocata su di lei, con carichi di settecento o ottocento chili. Come sentì la pressione sopra di lei. Margherita gridò forte: «Gesù, Gesù, abbi pietà di me».
La sua agonia sembra sia durata quindici minuti, ma il corpo venne lasciato  sotto la pressa per diverse ore e fu seppellito segretamente dalle autorità in una fossa di acqua putrida e melmosa; per sei settimane i cattolici fecero ricerche del suo corpo, ritrovandolo alfine ancora incorrotto fresco e puro come il giorno della morte e lo seppellirono  in un altro luogo di cui oggi si è persa tracciaUna delle sue mani è conservata in un convento di York 

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Margherita aveva mandato il suo cappello al marito «in segno del suo amore per lui, pari a quello per il suo capo» e le calze e le scarpe alla figlia Anna per indicarle che doveva seguire la sua stessa strada, e così fu. Dopo la morte della madre, fu detto ad Anna che essa avrebbe potuto salvarla se avesse acconsentito a partecipare a una celebrazione protestante. Essa vi andò, ma rifiutò di farlo ancora quando apprese l’inganno.Trascorse quattro anni in prigione e alla fine entrò nelle suore a Lovanio. Due dei figli maschi di Margherita divennero invece sacerdoti.
Margherita Clitherow fu canonizzata nel 1970 ed è una dei Quaranta Martiri d’Inghilterra e Galles ricordati il 25 ottobre.
IL PROCESSO E LA CONDANNA SU
http://www.preguntasantoral.es/2012/03/santa-margaret-clitherow-ii/

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