Nacque il 20 dicembre 1676 a Porto Maurizio, vicino a La Spezia. Figlio di Domenico Casanova e Anna Maria Benza, fu battezzato con i nomi di Paolo Gerolamo. La madre morì quando egli aveva due anni, ed il padre si risposò con Maria Ridolfo, della frazione di Artallo. Fu pertanto il padre che diede al futuro Santo quelle basi religiose alle quali in seguito ispirò la sua vita. Domenico Casanova era armatore e uomo di mare e, come voto di castità, aveva stabilito di non ammettere tra i passeggeri dei suoi navigli alcuna donna. A tredici anni il padre lo affidò alle cure di un ricco zio di Roma, che lo iscrisse al collegio gesuita della città, dove studiò letteratura e filosofia e cominciò anche a capire di avere una vocazione religiosa (sebbene fosse attratto dall’ordine dei frati minori, piuttosto che dalla Compagnia di Gesù.)
Lo zio, che desiderava diventasse medico, s’oppose e infine lo cacciò da casa, fortunatamente Paolo riuscì a trovare asilo presso un altro parente, Leonardo Ponzetti, con cui rimase finchè ricevette il permesso incondizionato da parte del padre di diventare frate. Nel 1697, ricevette la tonaca nel noviziato francescano a Ponticelli, con il nome di Leonardo per gratitudine verso Ponzetti. Completati gli studi al convento di S. Bonaventura di Roma, fu ordinato sacerdote nel 1702; questo convento era la casa principale dei Riformella, una diramazione del rigoroso ramo dei francescani riformati, e Leonardo mise in pratica, per tutta la vita, l’ideale di un attivo lavoro missionario combinato con l’austerità e la solitudine che apprese proprio in questo convento. La sua grande ambizione era sempre stata quella di recarsi in missione, ma subito dopo l’ordinazione contrasse la tubercolosi mentre insegnava filosofia al convento di S. Bonaventura, e fu informato che sarebbe rimasto in Italia.
Fra ‘ Leonardo, colpito dalla bellezza del quadro e dalla profondità del suo significato, lo benedisse e lo battezzò col nome di “Madonna del Bello Amore“; da allora lo portò sempre con sé in tutte le Missioni. In punto di morte lo consegnò al Guardiano del suo Convento, San Bonaventura al Palatino dove si trova tuttora. Nel 1744 papa Benedetto XIV, che teneva Leonardo in alta considerazione, d’accordo con il governo dell’isola, il doge di Genova, lo mandò in Corsica, dove la religione era trascurata e l’ordine in generale decaduto. Di tutte le missioni di Leonardo, questa fu quella più difficile per lui; fu ricevuto con una certa ostilità dato che diverse persone pensavano fosse un agente del doge in incognito. Era certamente vero che la missione aveva un aspetto politico, dato che quel disordine era in gran parte espressione di opposizione alla dominazione di Genova.
Leonardo, tuttavia, perseverò nel predicare, nonostante molti si presentassero al suo cospetto armati. Inoltre ebbe occasione di affermare in una delle sue molteplici lettere: Incoraggiò l’esposizione del SS. Sacramento e la devozione al Sacro Cuore e alla Madonna, nessuna delle quali era allora così diffusa come in seguito. Pensava in particolare che l’Immacolata Concezione dovesse essere considerata un dogma della fede e suggerì che le autorità ecclesiastiche si pronunciassero sull’argomento senza ricorrere ad un concilio ecumenico (come avvenne un secolo dopo).
Leonardo trovò anche il tempo,fra tutte le sue attività, di essere consigliere spirituale di un certo numero di persone, tra cui Clementina Sobieska, moglie di Giacomo Edoardo Stuart (conosciuto anche come Giacomo III d’Inghilterra). Nel 1741 mentre predicava le Missioni in Cave di Palestina vicino a Gaeta, un fedele gli portò un dono. Era un bellissimo ritratto della Vergine Maria con il Bambino Gesù che adorava il Crocifisso. Era stato dipinto per lui da un famoso pittore Sebastiano Conca, nativo di Gaeta, che diventerà il Presidente dell’Accademia di San Luca in Roma dove studierà anche il pittore portorino Leonardo Massabò.
“In ogni parrocchia troviamo la più terribile delle faide, ma generalmente affiorano alla fine pace e quiete, a ogni modo, a meno che la giustizia non sia forte abbastanza da soffocare questa ostilità, il bene che stiamo facendo può essere solo transitorio […] durante questi anni di guerra il popolo non ha ricevuto nessun tipo di distruzione […] quando avrò l’opportunità di incontrare i vescovi, dirò loro ciò che penso […] nonostante la fatica, il raccolto non è abbondante”.
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