SAN DANIELE STILITA
Dopo S. Simeone stilita l’Anziano, Daniele è il più noto degli stiliti siriani, in altre parole degli eremiti che vissero su una colonna, il cui stile di vita strano divenne una delle caratteristiche della Chiesa orientale nel V secolo. Gli stiliti vivevano in uno stato d’ascetismo estremo, cercando di condividere le stesse sofferenze di Cristo e allo stesso tempo testimoniando al massimo la fede. Il carattere penitenziale e la santità delle loro vite erano evidenti a tutti; gli stiliti dipendevano dai discepoli per quanto riguarda le provviste che questi issavano sulla colonna usando delle funi o delle scale. I visitatori talvolta potevano salire la scala per ricevere un consiglio o un rimedio; inoltre spesso attraevano folle di veggenti e di pellegrini.
La biografia di Daniele, scritta da un contemporaneo più giovane, probabilmente uno dei discepoli, è confermata, per quanto riguarda l’accuratezza dei particolari, da altre fonti che raccontano la storia di quel periodo. La storia comincia con un bambino promettente, nativo di Maratha, vicino a Samosata, dedicato a Dio prima della nascita dai genitori devoti. Probabilmente conobbero la storia dei sette martiri di Samosata, uccisi quasi un secolo prima. All’età di dodici anni, Daniele si recò in un monastero delle vicinanze e chiese di essere accolto dall’abate, che tuttavia gli disse che sarebbe stato incapace di sopportare la disciplina della vita monastica. Il ragazzo rispose:
“So bene di essere giovane e debole, ma ho fede in Dio e nelle vostre sante preghiere”.
Simeone morì nel 459, lasciando il suo prezioso mantello all’imperatore Leone I, ma al suo discepolo Sergio fu impedito di consegnarlo di persona, perciò lo diede a Daniele, che probabilmente aveva più di 50 anni a quel tempo. Egli decise di seguire lo stile di vita di Simeone: scelse un luogo a una certa distanza da Costantinopoli, dove alcuni amici gli fornirono una colonna “alta circa come due uomini” con una balaustra. (Non esiste notizia di stiliti precipitati dalle colonne: molti si astenevano dal dormire, sonnecchiando appoggiati alla balaustra). Su quella colonna Daniele cominciò la cosiddetta statio, dedicandosi alla preghiera e alla meditazione.
La terra su cui la colonna era stata eretta apparteneva all’amministratore dell’imperatore Leone, che ordinò a Daniele di andarsene, ma dopo aver assistito alla guarigione di un ragazzo posseduto dal demonio, avvenuta grazie alla potenza delle sue orazioni, si convinse della sua santità e fece costruire una colonna più alta con una piattaforma più ampia, dove lo stilita accettò di trasferirsi. Poi l’amministratore tornò a Costantinopoli e “raccontò ogni dettaglio all’imperatore e a tutta la corte”.
L’imperatore inviò un messaggio, chiedendo a Daniele di pregare affinchè l’imperatrice Verena potesse concepire un figlio; successivamente, quando la donna partorì, l’imperatore si recò a fargli visita, ricevette il permesso di salire sulla colonna, e “cominciò a salire verso il servo di Dio, chiedendogli di potergli toccare i piedi”. Quando vide quanto erano gonfi, si stupì della capacità di sopportazione di Daniele. L’imperatore fece costruire per lui due colonne, ancora più alte, collegate da una serie di ponti fatti con assi di legno tenute assieme da pali di ferro. Una colonna costituiva la sua statio, e dall’altra avrebbe potuto benedire le folle che giungevano in pellegrinaggio. La struttura era semplice, evidentemente, giacchè durante un temporale violento, i sostegni furono divelti e la base frantumata.
I discepoli di Daniele “erano tremanti e spaventati, chinavano la testa da una parte all’altra per seguire le oscillazioni della colonna […] ma il servo di Dio non rispose a nessuno, e continuò a pregare Dio e a invocare aiuto”.
Quando l’imperatore apprese di quest’incidente, rese più sicure le colonne, e minacciò di giustiziare l’architetto; ma Daniele implorò di non fargli del male, così quello fu perdonato. Daniele non aveva riparo dagli agenti atmosferici: era esposto a tempeste, venti forti, al sole bruciante e al gelo estremo. Una volta il vento forte gli strappò la tunica di pelle e fu costretto a giacere nella neve per tutta la notte.
“Assomigliava a un pilastro di sale […] i suoi discepoli videro i suoi capelli e la barba incollati alla pelle dai ghiaccioli, e il volto coperto di ghiaccio, come se fosse stato di vetro […] ed egli non riusciva a parlare, né a muoversi. “
Basilisco si recò dal santo, presentandosi come un “semplice soldato” e promettendo di annullare gli ordini emessi a favore dell’eresia. Daniele lo rimproverò severamente e ritornò sulla sua colonna. Alcuni mesi dopo, l’imperatore Zenone ritornò con un esercito, e Basilisco scappò; una delle prime cose che fece il primo fu di far visita a Daniele sulla sua doppia colonna. A ottantaquattro anni, dopo aver celebrato la Messa a mezzanotte sul suo pilastro, si accorse che stava morendo. Fu mandato a chiamare il patriarca Eufemio, e Daniele morì, poi fu sepolto nell’oratorio ai piedi della colonna dove aveva vissuto per 33 anni e 3 mesi.
Fonte: Il grande dizionario dei Santi di Alban Butler
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