SAN GIOVANNI CALABRIA
Nato in una soffitta nei vicoli di Verona, Giovanni Calabria da ragazzo conobbe la povertà e gli stenti; il padre morì quando aveva dodici anni, e solo la Chiesa gli fornì un’istruzione. Studiò al seminario, senza avere ambizioni di onori ecclesiastici.
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Svolse il servizio militare e, non essendo per indole incline alla guerra, scelse di arruolarsi volontario nel servizio più pericoloso disponibile, quello di assistere i pazienti che erano affetti dal tifo, nell’ospedale militare; poi diventò sacerdote secolare e dedicò la vita ai poveri delle sue parrocchie.Don Calabria scriverà ai suoi religiosi:
“Confessatevi regolarmente; siate umili, sinceri nell’accusa. Abbiate un confessore stabile, che vi conosca, se volete progredire nelle vie della perfezione e della Santità; e non facili a cambiarlo, abbiate confidenza e apritevi pure con lui, specialmente per quello che riguarda la vostra vita religiosa e la vostra vocazione“.
Fondò un orfanotrofio per bambini rifiutati o abbandonati, e ricoveri per i vecchi e gli ammalati. Istituì la Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, formata da sacerdoti o fratelli, e un ordine corrispondente per le donne. Successivamente fondò un ordine laico (la Famiglia dei Fratelli Esterni) affinché lavorasse nei quartieri poveri.
Egli era in tutto un “prete di Dio”: diceva chiaramente che la sua opera “sarà grande se sarà piccola, sarà ricca se sarà povera; avrà la protezione di Dio se non cercherà quella dell’uomo”. E aggiungeva: “Scopo
del vero sacerdote è accendere un piccolo fuochetto che, se la
Provvidenza lo vorrà, farà estendere il suo calore e la sua luce ovunque
e comunque“.Si preoccupò di scrivere e soprattutto di dare possibilità a tutti di leggere della buona stampa; pubblicò egli stesso, presso una tipografia che aveva fondato, un famoso libro: “Apostolica vivendi forma”. In queste pagine denunciò i mali del tempo e cercò di far comprendere come, con l’aiuto di Dio e della divina Provvidenza, tutto si poteva “aggiustare“.
Sapeva trovare il tono e la frase appropriata per rivolgersi ai sacerdoti, alle persone che potevano aiutare il popolo di Dio a ritrovare “la strada”. Era preoccupato in quanto percepiva che “il mondo” si stava allontanando dal messaggio del Vangelo. Amava la chiesa, anche come “istituzione”, con un amore completo, “disinteressato”. Soffrì in continuazione di disagi, situazioni impossibili, ma il suo essere era dedicato tutto e solo alle opere di Dio: non aveva tempo per lagnarsi. Il fuoco di Dio gli bruciava dentro: lo forgiava e lo spingeva verso nuove opere che spesso venivano ritenute “impossibili”. Voleva che nessuno pensasse al denaro, alle necessità materiali; percepiva che alle urgenze materiali avrebbe provveduto la divina Provvidenza.
separati”; fondò in Italia l’Unione Medica Missionaria e
fu un anticipatore di certe linee pastorali della Chiesa espresse dal
Vaticano II. In particolare sul tema dei fratelli separati scrisse un
agile opuscolo, “Omnes unum sint”, che fece spedire ovunque, alle
personalità delle chiese separate, comprese le chiese orientali e i
fratelli anglicani; voleva creare attraverso la carità i contatti
rivolti all’opera di unità. Subì, anche per questa sua larga operosità, invidie e perfino ispezioni canoniche, ma non pensò mai di rallentare o di fermare la sua attività.Fonti: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler /http://www.piardi.org/persone/p24.htm / http://www.santiebeati.it/dettaglio/73650

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