Sacerdote e fondatore (ca. 1035-1101) 06 ottobre

Fondatore dell’ordine dei
Certosini vanta
tra i suoi allievi molti uomini che in seguito ricoprirono
cariche importanti, come il futuro papa Urbano II. Secondo culti popolari Bruno ha
il potere di liberare le persone
dalla possessione demoniaca e vi è anche
una sua fonte che si ritiene abbia
effetti curativi.
Nato a
Colonia intorno al 1035, Bruno cominciò gli studi a
Reims, trasferendosi successivamente a Tours, dove rivolse la propria
attenzione alle
discipline filosofiche e si guadagnò fama di
studioso brillante in tutti i campi del sapere. Tornato a Colonia per
studiare teologia,
ancor prima di essere ordinato sacerdote nel 1055 ottenne un canonicato nella cattedrale. Pareva destinato a percorrere con successo la carriera accademica e
fu nominato direttore della famosa scuola di Reims, che lui stesso aveva frequentata. Mantenne alta la reputazione della scuola per circa vent’anni, includendo
tra i suoi allievi molti uomini che in seguito ricoprirono cariche importanti,
come il futuro papa Urbano II.

Questa vita tranquilla e gratificante si interruppe con la sua
nomina a cancelliere della
diocesi di Reims, il cui vescovo Manasse aveva ottenuto il seggio con
il denaro (simonia) e conduceva una vita del tutto in contrasto con il
posto occupato. Bruno e alcuni altri sacerdoti, dopo averlo denunciato
pubblicamente durante un sinodo, dovettero lasciare la città perché,
nonostante l’intervento del papa S. Gregorio VII (25 mag.), Manasse
riuscì a mantenere la propria carica e costrinse Bruno a tornare a
Colonia.
E forse in questo periodo che egli cominciò a maturare l’idea di ritirarsi dal mondo. Secondo una tradizione certosina, la conversione definitiva ad una vita di solitudine si verificò durante il funerale di un famoso professore, il quale dalla bara si rivolse a coloro che lo piangevano mettendoli in guardia sui pericoli di una vita malvagia,
simile a quella da lui stesso condotta, ma in realtà tutto dev’essere
avvenuto per vie molto più ordinarie: dopo una vita di pubblico
prestigio e di promozione ecclesiastica, il contrasto con il vescovo gli
rivelò probabilmente con forza quanto inconsistenti fossero tali
traguardi.
Rimane tuttavia certo che quando potè
finalmente far ritorno a Reims, di fronte alla possibilità di essere
scelto come nuovo vescovo, egli, dimessosi da ogni incarico e distribuite le proprie ricchezze, si ritirò insieme
ad alcuni compagni a Molesmes e si sottopose alla direzione di S.
Roberto (29 apr), fondatore dei cistercensi. Nonostante vivessero in un eremo lontano dal monastero principale. Bruno riteneva il loro isolamento non sufficientemente rigido. Rivolgendosi pertanto a un antico allievo, S. Ugo (1
apr), vescovo di Grenoble, gli chiese il permesso di vivere nella
diocesi da lui retta, dove Bruno e il suo gruppo si stabilirono intorno
all’anno 1084. Ugo offrì loro una remota vallata, chiamata Cartusia o la Certosa, e nel 1085 costruirono un oratorio e alcune piccole celle. E questo l’inizio del celebre Ordine dei certosini e della loro casa-madre, la Grande Chartreuse.
La vita ivi condotta era caratterizzata dalla
solitudine e da un’estrema
austerità: si radunavano
insieme solo per la celebrazione dei Mattutini e dei Vespri e, in occasione delle grandi solennità,
per il pasto principale. Circa venticinque anni dopo, un abate di Cluny così descriveva il loro stile di vita: «
Il loro abito è più misero di quello degli altri monaci, così corto, sottile e ruvido che la sola vista mi spaventa. Indossano cilici sulla pelle quasi perennemente; si nutrono esclusivamente di pane nero,
senza mangiare mai carne,
neppure se sono ammalati; non comprano pesce,
ma se ne nutrono se per caso lo ricevono in elemosina[ . . . ]
Sono costantemente occupati nella preghiera,
nella lettura e nel lavoro manuale, che consiste principalmente nella trascrizione di libri. Celebrano la Messa solo alla domenica e nei giorni festivi».

Tale
regime di vita fu in gran parte desunto da quello degli antichi
monaci-eremiti della Chiesa primitiva che abitavano in luoghi isolati
come il deserto egiziano. Nelle intenzioni di Bruno non vi era l’idea di
fondare un nuovo ordine, ma, al pari di altri riformatori del tempo,
egli mirava essenzialmente a riscoprire una vita più ascetica e semplice, prendendo in generale
S. Benedetto (11 lug.) come modello.
Bruno non godette a lungo di questa tranquillità; un suo allievo, divenuto papa Urbano II (beato; 31 lug.), gli ordinò di raggiungerlo a Roma per fargli da consigliere.
Benché gli fosse concesso di vivere in una cella tra le rovine delle
terme di Diocleziano, Bruno fu inevitabilmente trascinato nelle vicende
della vita pubblica e, se anche i particolari della sua attività non
sono noti, probabilmente venne impegnato nella preparazione di sinodi
per la riforma del clero e nelle controversie di Urbano con l’antipapa
Gilberto di Ravenna.
Quando il papa, a causa della forte ostilità di Gilberto, dovette fuggire da Roma, Bruno lo accompagnò in Calabria,
dove, dopo aver respinto le richieste di Urbano che lo voleva vescovo
di Reggio, nel 1094 riuscì a fondare a La Torre (vicino Catanzaro) un
secondo monastero sul modello della Grande Chartreuse. Cinque anni dopo,
i suoi discepoli avevano raggiunto un numero tale da rendere necessaria
la costruzione di un altro convento nell’Italia meridionale, dedicato a
S. Stefano.
Consultato dai monaci della Grande Chartreuse, scrisse loro una
lettera, giunta fino a noi, in cui espose i propri ideali, fornendo loro
indicazioni sulla pratica della vita solitaria, risolvendo i loro
problemi e incoraggiandoli a perseverare. In un’altra lettera si può
invece avvertire con chiarezza la gioia che egli assaporava in quel
genere di vita: dotato infatti di grande equilibrio,
disdegnava tutto ciò che nella spiritualità
propria dell’eremita, monaco o monaca, poteva assomigliare a morbosa introspezione o a eccessiva asprezza. Rimase
l’amico e il consigliere spirituale dei potenti come dei suoi monaci; anche il conte normanno Ruggero, per esempio, fu suo generoso sostenitore.
Si racconta che, prima di morire. Bruno abbia chiamato a raccolta i
suoi monaci, facendo davanti a loro una solenne professione di fede,
nella quale affermò con grande insistenza il proprio credo nella Trinità
e nell’eucarestia. Rimangono però ancora dei dubbi circa l’autenticità
di questo testamento, che sembra troppo preoccupato di difendere
l’ortodossia di Bruno da possibili attacchi (uno dei suoi insegnanti a
Tours era stato proprio quel Berengario, le cui tesi eucaristiche erano
state condannate da numerosi concili).
Bruno morì a La Torre il 6 ottobre 1101 e fu seppellito a S. Stefano; quando nel 1513 il suo
corpo fu traslato a La Torre fu trovato
incorrotto. Non fu mai ufficialmente canonizzato, anche se presto
si sviluppò in Calabria una diffusa venerazione popolare;
nel 1514 papa Leone X concesse ai certosini un Ufficio speciale in suo
onore, mentre nel 1623 la sua festa fu estesa alla Chiesa universale.
Secondo culti popolari presenti in Italia meridionale e nei dintorni della Grande Certosa,
Bruno ha il potere di liberare le persone dalla possessione demoniaca; allo stesso modo
in
Calabria si crede negli effetti curativi dell’acqua di un laghetto
situato vicino a una grotta, che si dice fosse il luogo di preghiera
preferito dal santo.

Tutte
le certose successive si modellarono fedelmente sulla Grande Chartreuse
e sui due monasteri nell’Italia meridionale, combinando le tradizioni
cenobitiche ed eremitiche. Bruno
non lasciò ai suoi discepoli una regola scritta,
tanto che la prima costituzione ufficiale si deve a Guigo I , priore
della Grande Chartreuse dal 1109 al 1136. Si discute ancora a proposito
di quanto dell’ispirazione originaria di Bruno sia presente in questo
documento-chiave: è comunque evidente che le tematiche fondamentali
della spiritualità e della vita certosina vanno cercate nelle lettere
del santo. Come egli stesso scrisse a un amico, prevosto di Reims:
«
Qui ci sforziamo di
raggiungere quella capacità visiva, attraverso il cui semplice sguardo
lo sposo è avvinto con amore, e con la cui purezza e castità si discerne
Dio. Qui pratichiamo un riposo operoso e ci riposiamo in tranquilla
attività. Qui Dio dà ai suoi atleti la desiderata ricompensa per le
fatiche del combattimento, una pace che il mondo non conosce e la gioia
nello Spirito Santo».
È proprio del santo il tentativo di attirare gli amici nella
comunità, mettendo in evidenza l’amore e la gioia che lì avrebbero
incontrato.
La sua eredità è un ordine religioso che, unico tra tutti gli altri ordini,
non ha mai avuto bisogno di riforma,
vista la tenacia con cui i seguaci di Bruno sono rimasti fedeli ai suoi ideali. Egli svolse un ruolo importante nella riforma gregoriana della Chiesa dell’XI secolo, offrendo le basi per una
teologia spirituale di valore universale,
fondata sull’amore, l’insegnamento
interiore e la visione di Dio, la contemplazione posseduta
da quel credente che, pur compiacendosi delle bellezze del mondo perché
create da Dio, giunge a guardare oltre le apparenze mediante
lo studio, la preghiera, l’umiltà e l’ascesi.
E fu proprio per tale capacità contemplativa che i certosini poterono
anche essere coinvolti nelle vicende secolari, come accadde allo stesso
Bruno, senza lasciarsi da esse distrarre.
Ci è rimasto un certo numero degli
scritti di Bruno: una
Esposizione dei Salmi, una
Esposizione delle Lettere di S.
Paolo, il
suo testamento finale, due lettere sulla vita dei certosini e uno
scritto giovanile in latino sulla nullità del mondo. Bruno viene spesso,
più di quanto non ci si aspetterebbe, rappresentato dall’arte
religiosa: l’estensione del suo culto nel XVI secolo ispirò una serie di
artisti, il più famoso dei quali fu probabilmente il pittore spagnolo
Zurbaràn, celebre per i ritratti ascetici di santi monaci, che raffigurò
Bruno insieme con il suo allievo, il B. Urbano II , alla corte papale,
ambiente in cui appare un po’ a disagio. Negli affreschi presenti in
chiese spagnole e italiane, tra gli elementi iconografici che
contraddistinguono il santo vi sono un teschio, la mitra e il pastorale
da lui restituiti, e una stella, quest’ultima in riferimento alla
visione che S. Ugo ebbe dei primi certosini come di sette stelle. Il
Louvre conserva una serie di ventidue scene della vita del santo tratte
dall’opera di Eustachio le Sueur (1649).
E’ INVOCATO: – contro le possessioni diaboliche
Fonte:
Il grande dizionario dei santi di Alban Butler
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